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sabato, 27 luglio 2024
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Nadia Spallitta

Ultimo aggiornamento

Zetalab RESISTE

Sgomberato dalla polizia, il centro sociale palermitano non rinuncia alla sua attività e raccoglie la solidarietà di cittadini e mondo politico. «Chiediamo di aprire un tavolo di trattativa con tutti i soggetti istituzionali convolti per chiarire le nostre posizioni»
 
 
Nonostante lo sgombero violento lo Zetalab resiste. Dopo la giornata di cariche, tafferugli e feriti, quella di ieri è stata la giornata della solidarietà e della volontà a continuare ad esistere. Crescono gli attestati di stima e solidarietà nei confronti degli sgomberati. In via Arrigo Boiton 7 ininterrottamente c’è la presenza pacifica di cittadini, militanti e dei rifugiati sudanesi; altre associazioni a supporto inviano loro coperte ed altre beni di prima necessità.
I feriti, che presentavano escoriazioni, contusioni e fratture, stanno meglio e i tre militanti arrestati sono stati immediatamente rilasciati. Dopo lo sgombero sembrano esserci dei margini per il confronto; tuttavia il clima non è ancora sereno.
Tra i primi esponenti politici a muoversi, l’assessore comunale Di Giovanni che ha proposto il trasferimento di occupanti e rifugiati in altra sede, ma il collettivo è inamovibile: «I rifugiati e le attività dello Zeta sono le due anime inscindibili del laboratorio – dichiara Cavalieri del collettivo zeta. – Consideriamo lodevole la volontà dell’assessore ma noi chiediamo un tavolo di trattativa, con tutti i soggetti coinvolti in questa vicenda, dove poter far valere le nostre posizioni e le nostre richieste».
Nella situazione di in cui si trova il laboratorio i ragazzi non si perdono d’animo e annunciando nella conferenza stampa pomeridiana la volontà di proseguire normalmente le attività in strada.
Per venerdì prossimo al Laboratorio Zeta era in programma la proiezione del film, finanziato anche dal’Asgi, «Terra(e)strema» di Angela Giardina, Ilaria Sposito ed Enrico Montalbano e la presentazione del libro «Gli africani salveranno Rosarno. E probabilmente anche l’Italia» di Antonello Mangano.
Quello che sicuramente più colpisce l’opinione pubblica ed il mondo associativo, cittadino e nazionale, è la violenza messa in atto dalle forze dell’ordine per sgomberare il centro sociale.
Tra le prime a sollevare la questione è L’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) che rileva: «una inutile ostentazione muscolare che copre l’incapacità di affrontare i veri problemi di italiani e stranieri; esprimiamo profonda preoccupazione per l’operazione di polizia che ha portato allo sgombero del Laboratorio Z di Palermo, con conseguenti tafferugli tra polizia e manifestanti».
Successivamente, l’Asgi pone degli interrogativi, tutt’ora senza risposta: «Dove saranno collocati i rifugiati, senza casa, che da anni vivevano al LabZ? E’ stato fatto un piano idoneo prima di decidere l’azione di forza?».
Le altre domande e interrogativi proviamo a girarli ad un’altra rappresentante istituzionale, la consigliera Nadia Spallitta, capogruppo de «L’altra storia» movimento che fa capo a Rita Borsellino: «E’ indubitabile e innegabile l’apporto che il labzeta sta dando all’accoglienza e all’ospitalità nei confronti dei rifugiati politici».
Le chiediamo delucidazioni sull’associazione Aspasia e se ci sono i margini per trovare soluzioni alternative: «L’Aspasia gode già di altri edifici dove svolge le proprie attività: un edificio di circa 5000 mq, un edificio rustico su 3 elevazioni; oltre ad aver avuto diversi finanziamenti dal comune di Palermo questa associazione è attiva da tempo a Palermo e si occupa di attività per minori a rischio, anziani e servizi per l’infanzia».
Attività di servizio pubblico diverse da quelle svolte attualmente dallo zeta, per cercare di far chiarezza prossimamente la stesso gruppo si adopererà per una interrogazione consiliare, prosegue la Spallitta: «Serve far chiarezza e speriamo di ottenerla con una interrogazione. Vogliamo capire se c’è o meno questa reale urgenza da parte dell’Aspasia di avere i locali occupati dallo zeta e che tipo di attività di utilità pubblica questa vuol svolgervi al suo interno».
Altre voci del mondo politico unanimemente chiedono se non sia il caso di lasciar continuare a lavorare lo zeta, che non faceva altro che offrire ospitalità e assistenza là dove l’amministrazione pubblica non è riuscita a fare in tutti questi anni, cosi come ha fatto fino al 18 gennaio.
Risultati e integrazione da più parti riconosciuti con un apprezzabile lavoro se non addirittura insostituibile al momento.
Tra le voci più autorevoli, nel riconoscere il lavoro meritevole dello zeta in questi anni, c’è quella del professore Fulvio Vassallo, Paleologo dell’Università degli studi di Palermo.
In un lungo intervento di analisi, oltre alla condanna per lo sgombero violento del laboratorio Zeta, sottolinea la necessità di rivedere le conflittualità sociali:sono troppe le istituzioni, anche a livello nazionale, che trattano la questione immigrazione erroneamente come una pura questione di ordine pubblico: «Quanto successo oggi a Palermo è la prosecuzione delle operazioni di dispersione ‘assistita’che abbiamo già visto a Rosarno, con una partecipazione attiva delle forze di polizia che in questa ultima occasione non hanno dovuto certo proteggere i migranti né hanno individuato per loro un alloggio, ma hanno soltanto distrutto un lavoro sociale che durava da anni, del quale altre istituzioni, pur nei limiti degli scarsi mezzi disponibili, avevano riconosciuto il valore e l’efficacia».
Il professor Vassallo prosegue riunendo insieme tutte le richieste che l’associazionismo palermitano sta cercando di evidenziare con ogni mezzo possibile in queste ore: «Chiediamo che la Prefettura e lo stesso ministero dell’interno intervengano per sanare questa situazione che produce un grave danno esistenziale e che potrebbe integrare gli estremi del rifiuto di un atto d’ufficio. Chiediamo ancora una volta che il Laboratorio Zeta di Palermo venga restituito alla sua destinazione sociale e continui ad essere riconosciuto come luogo di accoglienza dei migranti, e chiediamo ancora che tutte le istituzioni, compresa la Prefettura, facciano il loro dovere nei confronti dei rifugiati, riconoscendo nei fatti il diritto/dovere di accoglienza, sancito anche dalle direttive comunitarie che l’Italia non applica, tanto da negare un alloggio a quanti hanno avuto riconosciuto uno status di protezione internazionale».
Le richieste e le iniziative che si stanno svolgendo da subito dopo lo sgombero sono abbastanza chiare e alla luce del sole; manca adesso la volontà di dialogo e confronto da parte delle autorità preposte.
Fino a quel momento il collettivo, gestore dello zeta, non intende indietreggiare ulteriormente.
Il presidio rimarrà davanti allo Zeta, se non si avranno segnali tangibili di una riappropriazione dei locali da parte degli occupanti; proseguiranno le iniziative pacifiche e non ultimo un corteo cittadino previsto per sabato 23 gennaio. La posizione dello Zeta è tutta leggibile a caratteri cubitali in uno striscione davanti al presidio «Qui siamo e qui resteremo».




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