Affari – A Palermo la riqualificazione urbanistica passa per un lucroso piano di “sviluppo” dello scalo marittimo che stravolgerà l’ambiente. Ignorato perfino dal Comune siciliano. All’orizzonte, alberghi, grandi navi e l’ombra dell’Oman
La parola chiave è “bersaglio”. Per l’esattezza parliamo delle “aree bersaglio” legate al nuovo piano regolatore del porto di Palermo. Teoricamente non se ne dovrebbe conoscere numero, ubicazione, funzioni progettuali perché non c’è stato nessun iter di dibattito formale (come previsto dalla legge) in consiglio comunale e perché, per individuare queste aree, ci sarebbe stato bisogno di conferire incarichi a tecnici interni ed esterni al Comune.
Invece non è andata così. Anche grazie all’aiuto di un Pd cittadino che, appellandosi a un presunto “bene della città”, ha dato parere favorevole a una proposta della giunta di cui in Comune sapevano poco e niente. Arenella, San Polo, Borgo Vecchio, una fetta del centro storico in prossimità del mare e, infine, Brancaccio. Ecco i punti di sviluppo principali (su cui pioveranno decine e decine di milioni di euro pubblici e privati) che, secondo la giunta, saranno obiettivo di una riqualificazione urbanistica ed edilizia, come non accade da decenni a Palermo. «Ho individuato 72 progetti di cui 50 sono alberghieri», racconta Nadia Spallitta consigliere comunale de “Un’altra storia”, rimasta quasi da sola a fare opposizione a quello che appare uno dei più lucrosi piani di sviluppo avviati per la città di Palermo. «Un progetto del genere, senza rimettere mano ai servizi primari della città come le fognature – prosegue Spallitta -. E davanti a una flessione dei flussi turistici crollati in 8 anni di giunta Cammarrata, che ha letteralmente spogliato di servizi moderni di trasporto, accoglienza, intrattenimento. Non ci sono attrattive, offerte culturali. Allora cosa fare? Si mette su un progetto di sviluppo alberghiero con ricadute solo su alcune aree, abbandonando di fatto gran parte della città. E saltando tutti gli iter previsti, senza discussione>>. Si fa un progetto che sembra nato in un “certo salotto” e cerchi di imporlo. In qualche modo il sospetto dell’avvio di un piano di questo genere era già emerso qualche mese fa, davanti a indirizzi a livello nazionale di liberalizzazioni di grandi aree edificabili in zone portuali, figli di una proposta di legge di riforma della 84/94 che regola l’insieme (e la privatizzazione) dei porti italiani. Un sospetto accompagnato da scenari da mille e una notte e ricchezze immense, navi con harem sigillati nei porti italiani e decine e decine di rolex e collier regalati come se fossero bomboniere. Qabus bin Sa’id, questo il nome del protagonista di questa piega letteraria, sultano dell’Oman, ricco che più ricco non si può, molto interessato sia al mattone di Dubai che alla borsa petroli di quell’Emirato (di cui possiede una consistente fetta). Quest’uomo si è recato recentemente in visita di piacere (e di affari) in due città portuali in trasformazione, dove i piani regolatori degli scali sono in discussione e dove si stanno “liberando” milioni e milioni di metri cubi edificabili. Palermo e Bari. C’è arrivato con Yackt (il suo transatlantico privato) e qualche Boing 747 e Airbus per la corte e i bagagli. E poi i doni (i famosi rolex e i gioielli per le signore) dispensati a piene mani. E una mezza ammissione da parte del suo staff per un interessamento sul recupero, restauro e rilancio degli alberghi del centro storico palermitano. Approccio soft di una vecchia volpe del Golfo che da “piccole” – si fa per dire – operazioni immobiliari è riuscito a scalare un colosso come la Borsa petroli di Dubai. Soft ma, a quanto si sospetta, diretto proprio a quella manifattura tabacchi dell’Arenella che è “area bersaglio” voluta dalla giunta, e ad altri progetti nelle altre zone interessate dal piano. E tutto questo dopo lo scandalo dei viaggi di lavoro del sindaco e di alcuni suoi assessori a Dubai per parlare di raccolta differenziata (che a Palermo è solo al 4%) dove Qabus bin Sa’id e i suoi sherpa sono di casa. Si parlava solo di ciclo dei rifiuti in quelle cene da 800 euro a coperto?