Ieri avrebbe compiuto un anno e da due settimane circa con la sua famiglia aveva assaporato il calore di una vera casa, con mura solide che la proteggevano dal vento e dalla pioggia e soprattutto da quel freddo maledetto che invece in quei container di via Messina Montagne l’hanno assillata giorno e notte fino all’ultimo momento della sua vita. La piccola Morena non ce l’ha fatta e nella notte tra domenica e lunedì ha mollato la presa ed è volata in paradiso.
Ha cercato di sopravvivere in quella cupa e “radioattiva” borgata immersa nel fango, nei liquami, nell’amianto tra scarafaggio, topi e zecche. Quella realtà parallela dove d’estate manca l’aria e d’inverno non c’è modo di riscaldarsi perché folate ghiacciate passano da ogni spiffero del pavimento, delle finestre e di quelle pseudo porte. Esseri umani che esistono ma che non si vedono, quasi fossero trasparenti. Incastrati e sepolti a margine della città ufficiale, vivono ingabbiati da anni nei container di latta nell’attesa e nella speranza di avere prima o poi una vera casa fatta di muri di cemento armato, tetti da cui non cola la pioggia e pavimenti non divorati dalla muffa. Morena era nata con una grave malformazione ed era già stata ricoverata per assideramento…(continua) Giovanna la mamma di Morena, ha trascorso la gravidanza in queste condizioni e la bimba è nata con una grave malformazione che si è andata aggravando, fino ad arrivare al ricovero per assideramento. I medici avevano sconsigliato alla famiglia di tornare a vivere in un luogo come quello, ma il container era l’unica casa….(continua) <<Il destino di Morena – aggiunge il consigliere comunale del gruppo Un’Altra Storia, Nadia Spallitta – era segnato prima della nascita: come si può gestire una gravidanza dentro un container e vivere in un luogo così?>>…(continua)