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giovedì, 21 novembre 2024
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Nadia Spallitta

Ultimo aggiornamento

Emilio Camillo Arcuri

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Ing. Emilio Camillo Arcuri 
 

 
 
Situazione politica italiana ed analisi delle prospettive 

L’Italia da una quindicina di anni soffre di una situazione politica stagnante ed involuta  che impedisce di governare affrontando e risolvendo problematiche ed esigenze essenziali che vi sono e spesso incalzano e che non consente di mettere a punto e di portare avanti idee e volontà di rinnovamento.
Purtroppo il nuovo sistema maggioritario con forti premi per assicurare la governabilità ha spinto i partiti a costituire schieramenti assai ampi e conseguentemente poco omogenei e coesi, specialmente al centro sinistra, e governi incapaci di agire efficacemente per tante esigenze, a causa dell’uso ed abuso dei veti incrociati fra i partner, che hanno dissensi di fondo su politica estera, governo della economia, difesa di interessi e privilegi, sostanziale immunità per i politici indagati, scuola, sanità, giustizia, problemi etici di forte sensibilità, etc. Inconvenienti e limitazioni gravi che hanno inceppato i governi sia di destra che di centro sinistra che si sono succeduti dal 1992 ad oggi, tutti governi responsabili sia pure in modi e misura diversi.
Al fine di ricercare e possibilmente ottenere un processo di affermazione democratica, progressista, popolare rivolta agli essenziali problemi di sviluppo, di lavoro stabile, di assistenza sociale, di equità nelle retribuzioni e nelle tassazioni, di difesa e valorizzazione dell’ambiente e del territorio, di risanamento dei conti dello stato, di riduzione del debito pubblico e di maggiore sicurezza per i lavoratori e per i cittadini è indispensabile  realizzare, non certamente nell’immediato, ma nel volgere di alcuni anni, un fronte delle sinistre decisamente maggioritario nei consensi e nelle convinte adesioni, prima ancora che nei seggi parlamentari, fronte sostenuto da una opinione pubblica anche moderata, purché consapevole della necessità del rinnovamento.
Un consistente e deciso fronte delle sinistre deve comprendere, oltre alla componente riformista del partito democratico, ai socialisti di Boselli ed alla Italia dei Valori, una altrettanto forte componente di sinistra radicale, che oggi può essere identificata nei vari partiti che si ispirano alla ideologia comunista e nelle formazioni nate dalla diaspora del PCI prima e di RC poi.
Il problema politico è quindi come rilanciare alla grande la credibilità, la attrazione ideologica, i consensi, la convinta e partecipativa adesione di consistenti parti della popolazione e dell’elettorato nei confronti della sinistra – ripeto – radicale.
Per la individuazione degli obiettivi della sinistra ai quali affidare l’auspicato ed assai forte rilancio è opportuno rifarsi alla concezione politica del materialismo storico e cioè alla analisi dei fattori materiali che veramente e profondamente  interessano e possono coinvolgere, sensibilizzare ed attivare un gran numero di lavoratori e di cittadini, in atto sacrificati dal regime economico vigente, fortemente alienati, per usare questo significativo termine marxista, che possono essere vivificati e indotti a battersi per il rinnovamento radicale necessario, partecipando alla lotta politica ed alla competizione democratica, piuttosto che astenersi o seguire le linee populiste e velleitarie dei vari movimenti di protesta.
La dottrina marxista, concepita e formulata con riferimento al giovane capitalismo industriale di Gran Bretagna, Germania, Francia e Stati Uniti ed alle strutture sociali e produttive di metà ottocento, afferma che la evoluzione storica della umanità sia determinata essenzialmente da situazioni e fatti materiali che dominano e dirigono l’economia e che hanno prodotto la divisione degli uomini in classi – secondo le funzioni esercitate ed i bisogni che riescono a soddisfare – classi tra loro antagoniste per la conquista di posizioni egemoniche nel reddito, nella cultura, nel potere.
Da qui i principi del materialismo dialettico che pone la economia come base ed infrastruttura della società, soggetta a trasformazioni provocate dalle lotte di classe, vincolata dalle “ sovra strutture “politiche, giuridiche, religiose create ed alimentate dalle classi dominanti. L’ingiustizia e la disuguaglianza nella attribuzione ed utilizzazione delle risorse ed il conseguente insufficiente soddisfacimento dei bisogni provocano la “alienazione“ dell’uomo che si rassegna, si assoggetta e soggiace. La dottrina politica marxista indica allora la via della lotta e della azione – la “ prassi “ – per il rovesciamento – QUANDO NE ESISTANO LE CONDIZIONI FAVOREVOLI – del regime capitalista e per la disgregazione e soppressione delle sue sovrastrutture con la rivoluzione del proletariato (Marx intendeva per proletari gli operai e i lavoratori dipendenti, ma non gli autonomi). La condizione favorevole fondamentale – che Marx riteneva allora prossima alla realizzazione – è la concentrazione di tutto il potere economico in poche mani ed una violenta reazione dei proletari uniti, con la solidarietà delle altre classi lavoratrici (contadini, artigiani, piccoli commercianti).
Le previsioni politiche di Marx non si sono realizzate in quella epoca, in quel contesto ed in quel modo, per varie ragioni. Innanzi tutto la concentrazione del potere economico e delle maggiori imprese industriali non si è mai spinta, nello ottocento e per buona parte del novecento, ad un livello molto elevato, anche perché sia nel mondo capitalista che nei singoli paesi vi sono stati diversi gruppi concorrenti, ed inoltre perché le caratteristiche dimensionali ed operative delle aziende sono divenute molto variabili per la affermazione in molti settori industriali di imprese medie e piccole, talvolta ad opera di ex operai e tecnici i quali, acquisita esperienza come dipendenti di complessi industriali, si sono poi messi in proprio divenendo a loro volta imprenditori.
Sia questo processo ed il travaso da dipendenti ad imprenditori, sia la crescente suddivisione degli operai in comuni, qualificati e specializzati (questi ultimi con professionalità, responsabilità e retribuzioni ben maggiori) in conseguenza delle più evolute tecnologie di produzione, hanno reso meno stabile e meno netta la appartenenza ad una unica classe proletaria ed hanno indicato una possibile strada di scalata sociale e di emancipazione. Sono quindi considerevolmente diminuite la solidarietà, la compattezza, lo spirito di rivolta e la combattività del proletariato operaio che secondo Marx avrebbe dovuto innescare e poi condurre e guidare la rivoluzione nei paesi più industrializzati.
Inoltre, già a metà ottocento ha avuto inizio una attività cooperativa e sindacale operaia (che lo stesso Marx ha contribuito a sviluppare ed organizzare fondando nel 1862 la prima “Internazionale“) ed hanno avuto inizio agitazioni, scioperi e lotte sindacali per rivendicare i diritti dei lavoratori dipendenti. Ed ancora, prima della fine del secolo si sono costituiti e sono approdati ai parlamenti i partiti socialisti (ad iniziare dalla Germania) che hanno richiesto e nel tempo ottenuto le prime leggi a tutela del lavoro ed a favore dei lavoratori. Queste azioni congiunte hanno fatto lentamente ma con continuità fatto migliorare le condizioni di lavoro degli operai (riduzione degli orari giornalieri e settimanali, retribuzioni minime) ed aumentare i salari, particolarmente nelle aree più industrializzate e tecnologicamente sviluppate, USA e Germania.
Negli ultimi decenni del XIX° secolo e nei primi del XX° si è quindi affermato un movimento “riformista “ che ha ottenuto significativi risultati, ha allentato le tensioni sociali ed ha ridotto la disponibilità delle masse proletarie ad una strenua lotta per il rovesciamento dei regimi capitalisti. Nello stesso periodo si sono comunque avuti due importanti tentativi rivoluzionari di origine proletaria, nel 1870 con la “ Comune “ di Parigi, con un successo effimero, e nel 1905 in Russia con grandi scioperi di operai e marinai della flotta (la corazzata Potemkin) e con la rivolta di San Pietroburgo  repressa sanguinosamente dall’esercito zarista. Da notare che l’uno e l’altro tentativo si sono verificati quando le clamorose sconfitte nelle guerre tra Francia e Prussia e tra Russia e Giappone rispettivamente avevano gravemente scosso i governi ed i regimi dei due paesi. Osservo che le circostanze non erano mature, né le condizioni favorevoli, sicché le avanguardie politiche ed operaie rimasero isolate, senza il supporto di intere classi popolari e senza l’estensione delle rivolte a più vaste aree di Francia e Russia e quindi le iniziative rivoluzionarie non poterono vincere.
Nel secondo e terzo decennio del novecento la situazione cambia, nuove condizioni storiche ed economiche favorevoli ed una adeguata e lunga preparazione rendono possibili due grandi eventi; i partiti comunisti russo prima e cinese poi suscitano, alimentano e portano al successo le loro rivoluzioni, coinvolgendo ed attivando le grandi masse popolari dei due immensi paesi.
In Russia, dopo le esperienze del 1905,  la frazione comunista ( bolscevica ) del partito socialista compie una analisi approfondita dei fattori materiali e delle forze antagoniste presenti nel paese, particolarmente ad opera di Lenin, che aggiorna ed integra le tesi rivoluzionarie di Marx, rilevando che per una lotta efficace al potere zarista era necessario coinvolgere ampi strati della popolazione in aggiunta alla classe operaia, peraltro numericamente assai esigua, anche se battagliera ed usa alla lotta. Masse potenzialmente rivoluzionarie oltre al proletariato industriale erano in Russia soldati e marinai, quasi tutti di estrazione contadina, e gli stessi contadini, con circa 100 milioni di lavoratori nelle campagne, per lo più miseri, sfruttati, spesso affamati ed in continuo fermento.
Era quindi possibile e necessario sensibilizzare questa numerosissima classe, organizzarla, stimolarla al riconoscimento dei propri diritti, liberarla dallo atavico stato di soggezione nei confronti dei proprietari feudali e del clero ortodosso (la religione è l’oppio dei popoli diceva Marx) con un grande e capillare lavoro di confronto e di reclutamento. Lavoro che è stato svolto dai comunisti, per molti anni clandestinamente e con repressioni poliziesche, e nel quale si è distinto Stalin. La grande guerra ha poi prodotto pesantissime sconfitte e milioni di morti per l’esercito russo e gravi sofferenze della popolazione ed ha reso soldati, contadini ed il popolo tutto pronto alla rivoluzione contro il regime zarista e lo stato, indeboliti dagli insuccessi. Si sono dunque verificate le condizioni indicate dal materialismo storico per la esplosione della lotta di classe (sia pur diversa dal proletariato operaio come preconizzato da Marx), per l’egemonia, per lo sgretolamento delle sovrastrutture, per l’abbattimento del regime, per la instaurazione di nuovi rapporti di produzione e per l’inizio della costruzione di uno stato socialista. A seguito della corretta analisi, della ben condotta lunga preparazione e poi della tempestiva azione è stata realizzata e portata al successo la rivoluzione.
Condizioni parzialmente favorevoli per gli effetti devastanti della grande guerra, economici per le nazioni ed i popoli e psicologici per il discredito degli stati e per le frustrazioni di milioni di reduci, avrebbero potuto portare a tentativi rivoluzionari anche in altri stati europei, ma gli scioperi ed alcune occupazioni di fabbriche avevano mire sindacali più che politiche, la preparazione ideologica era stata limitata, non vi fu il coinvolgimento di altre classi e quindi non vi furono veri conati rivoluzionari, tranne che in Ungheria dove, dopo la sconfitta dell’impero asburgico e la separazione dall’Austria, nella primavera del 1919 vi fu un governo diretto dai comunisti di brevissima durata.
Gli unici effetti della guerra con esiti duraturi e significativi furono le frustrazioni dei reduci e le rivendicazioni dei nazionalisti che negli anni venti e trenta costituirono una base popolare per lo avvento ed i successi del fascismo e del nazional-socialismo.
In Cina il pensatore e capo rivoluzionario Mao Tse Tung dopo il fallimento degli scioperi e delle rivolte degli operai a Shangai ed a Canton negli anni venti procede ad una originale ed approfondita analisi teorica dei fattori materiali e delle forze antagoniste al regime dominante esistenti allora nel paese ed in grado di avviare un processo di rinnovamento. Prendendo le mosse da esperienze associative ed innovative fra gli agricoltori realizzate nelle province meridionali di Guangdong e dello Hunai e dalla grave crisi del settore agrario, peraltro ricorrente, Mao condusse una indagine conoscitiva ed anche operativa e sperimentale sul movimento contadino e la illustrò con un celebre rapporto, che prevedeva “ in brevissimo tempo la sollevazione di centinaia di milioni di contadini come una tempesta e con una forza così rapida e violenta che nessun potere, per quanto grande riuscirà a soffocare “.
Mao affermò, prendendo le distanze dal marxismo leninismo ortodosso, che i contadini sarebbero stati l’avanguardia e la colonna portante della rivoluzione, istituì ed organizzò alla fine degli anni venti nello Jiang-xi, nel Guangdong e nello Hunai le comunità delle “ basi rurali “, operando una lunga e diffusa educazione e promozione delle masse contadine che sfociò nella realizzazione dei Soviet e, nel 1931, di una Repubblica sovietica cinese ristretta a quei territori. Questa piccola repubblica operò così bene da divenire esempio per il popolo cinese e fu duramente combattuta dal regime nazionalista e capitalista di Chang Kai Shek, attaccata in forze nel 1933-34 e sconfitta.
L’armata rossa guidata da Mao fu costretta a ritirarsi e, nell’ottobre 1934, inizio la Lunga Marcia che contava all’inizio su 120.000 partecipanti, che si aprirono la strada combattendo fino allo Shaan-xi dove giunsero nello ottobre del ’35, dopo un tormentato percorso di ben 8.000 Km , in circa 20.000 e qui si stabilirono fondando una nuova Repubblica popolare, anche essa progressista, innovatrice, ben organizzata ed amministrata, che ha resistito per dieci anni agli attacchi dell’esercito nazionalista e poi, dal 1937 al 1945 a quelli del potente esercito giapponese. Sul finire di questa guerra l’armata rossa ha conquistato gradualmente il paese, sino alla definitiva vittoria del 1949, con il favore delle popolazioni, sfinite dalla occupazione nipponica ed ostili al regime di Chang Kai Shek, già compromesso con le mire giapponesi, corrotto, inefficiente, oppressivo, e consenzienti invece con il PCC che in lunghi ed assai difficili anni di governo, prima al sud e poi al nord ovest, aveva dimostrato la capacità di attuare le necessarie riforme e di governare con efficienza, onestà e giustizia.
Da rilevare che entrambe le rivoluzioni popolari di ispirazione marxista e guidate dai partiti comunisti hanno avuto successo quando sono state precedute da acute ed approfondite analisi critiche per porre in evidenza, in ciascuno dei casi pur molto diversi, la esistenza di fattori materiali che predisponevano le masse alla ribellione, nonché da periodi decennali di preparazione alla lotta con la sensibilizzazione degli strati sociali portatori di interessi sacrificati, nonché particolarmente oppressi ed “alienati“ e sono esplose quando i regimi conservatori ed inefficienti ed alcune loro sovrastrutture per la gestione del potere erano stati sconfitti, screditati e delegittimati da guerre ed eventi che avevano messo in crisi le economie e le stabilità sociali in ciascuno dei due paesi.
Circostanze parzialmente analoghe e condizioni favorevoli ai rinnovamenti rivoluzionari si sono verificate alla fine della seconda guerra mondiale e negli anni immediatamente successivi in alcune parti di Europa e dell’Asia. In Jugoslavia la guerriglia partigiana condotta dal comunista Tito ha portato ad una rivoluzione, alla fondazione di uno stato multi etnico che ha riunito per oltre cinquanta anni popolazioni assai diverse e separate per secoli, si è mantenuto indipendente dai blocchi internazionali contrapposti ed ha prodotto notevoli progressi economici e sociali. In Italia ed in Grecia il sollevamento popolare vittorioso contro l’invasore nazista ed i regimi fascisti e monarchici è parimenti pervenuto al successo militare, ma non a quello politico per le preclusioni e le limitazioni poste da USA e Gran Bretagna, allarmate dall’ampliamento della area filo comunista ed ostili a regimi progressisti e, da noi, soprattutto per le potenti interferenze del Vaticano e le pesanti prese di posizione delle organizzazioni cattoliche. In Asia sud orientale ed in Indonesia si sono pure affermati movimenti di liberazione e rivoluzione comunisti contrastati o stroncati dalle interdizioni delle ex potenze coloniali e principalmente degli USA, gendarmi del mondo.
La esposizione degli eventi che hanno caratterizzato in passato i movimenti popolari rivoluzionari, le condizioni che ne hanno – o ne avrebbero rese possibili – le affermazioni, gli approfondimenti critici e teorici che ne hanno ispirato le azioni e le estese, prolungate ed essenziali preparazioni e sensibilizzazioni delle masse  non è stata fine a sé stessa, ma serve per inquadrare realisticamente e correttamente il problema delle possibili prospettive di progresso politico in Italia, a partire da oggi e per molti anni a venire;  la storia è infatti “magistra vitae“.
La prima considerazione da fare riguarda l’esistenza o meno in Italia di condizioni per un  rinnovamento economico, sociale e politico e cioè dei fattori materiali che spingano fortemente una estesa parte della popolazione a reagire alla situazione attuale e contemporaneamente il permanere di una fase di crescente discredito del sistema di potere e delle sovrastrutture che lo sostengono : la classe politica, la burocrazia statale, gli enti pubblici, il sistema della sanità pubblica, il grande capi tale,gli speculatori finanziari, i vertici delle forze armate, la chiesa cattolica e le organizzazioni che la fiancheggiano ed infine le macchine elettorali per i voti di scambio controllate nel mezzogiorno dalla criminalità organizzata.
Vi sono oggi in Italia importanti e determinanti fattori materiali che possono spingere consistenti masse verso il consenso elettorale per un radicale rinnovamento della situazione attuale; alcuni sono di natura economica, attinenti il lavoro, le retribuzioni e le tassazioni, e penalizzano pesante mente gli strati della popolazione (a mio parere non è più attuale da almeno 50 anni parlare di classi in senso marxista) più poveri e più vincolati al loro stato sociale, perché composti da disoccupati, da precari, da lavoratori dipendenti e dalla massa dei pensionati.
Altri fattori materiali si riferiscono alla tutela dell’ambiente e del benessere, nonché alla sicurezza dei cittadini, beni che nel nostro paese sono decisamente insufficienti, e che riguardano potenzialmente tutta la popolazione, anche se alcuni gruppi e personaggi possono non tenerli in gran conto.
Tra i primi vi sono le difficoltà e le modalità di accesso al lavoro, particolarmente se impiegatizio, per effetto della consolidata e dilagante abitudine alle raccomandazioni per un posto nelle amministrazioni dello stato, negli enti e negli uffici delle imprese private di grandi, medie e piccole dimensioni, con limitazioni ed esclusioni che colpiscono soprattutto laureati e diplomati ed in gene re i giovani borghesi in cerca di primo impiego.
Acquisito il lavoro, per lo più provvisorio, vi è un secondo grave problema sorto recentemente e sempre più diffuso, che è il precariato, invocato dai datori di lavoro ed anche da economisti e politici come inevitabile rimedio alla necessità di adeguare flessibilmente gli organici ai fluttuanti carichi di lavoro delle imprese (per inciso osservo che l’unico settore nel quale non si applica la flessibilità ed un diverso utilizzo dei dipendenti, senza licenziamenti, è la amministrazione statale).
Il precariato ha una giustificazione ed una legittimità se riferito a lavorazioni ed operatività stagionali, agricole, industriali e turistiche, ma è del tutto pretestuoso se esteso a molte od a tutte le altre attività, anche se sufficientemente stabili e programmabili, che peraltro costituiscono una larghissima maggioranza dei rapporti di impiego; un esempio classico di non corretta applicazione è quello dei “ call center “. In realtà il precariato costituisce invece  un mezzo di sfruttamento e di intimidazione dei lavoratori e delle lavoratrici che ad esso si assoggettano per la necessità di avere  un lavoro ed un compenso, sia pure molto basso e senza continuità.
E’ da considerare l’effetto del tutto negativo e destabilizzante di un lavoro occasionale e temporaneo con un futuro sempre incerto al di là dei pochi mesi assicurati dal contratto; ciò determina la impossibilità di impostare la propria vita ed anche di acquisire competenze e specializzazioni che qualificano il lavoratore, ma sono anche utili per le aziende ( si pensi ad esempio ai ricercatori nelle università e negli istituti scientifici ). La richiesta di una riforma della legislazione attuale e di una drastica riduzione delle possibilità di utilizzo del precariato sono un tema di grande importanza e di sensibilità sociale e costituisce a mio parere il primo dei fattori materiali che impongono il rinnova mento del sistema giuslavoristico attuale, del quale si possono salvare i contratti di avviamento al lavoro, di durata determinata e non rinnovabili, e speciali contratti a tempo per i casi di effettiva ciclicità della attività lavorativa insiti nella natura della impresa. Si dovrebbero piuttosto rivedere e nel complesso potenziare gli “ammortizzatori sociali“ per chi resta senza lavoro.
Altro fattore materiale di notevole importanza è il basso livello delle retribuzioni, specialmente per gli operai e per gli impiegati del settore privato, meno per gli addetti alla agricoltura ed alla pubblica amministrazione, e soprattutto delle pensioni per la gran maggioranza dei percipienti. Salari che  sono precipitati dalle prime posizioni in Europa e nel mondo che avevano negli anni ottanta e novanta alle ultime di adesso e pensioni che per il periodico allineamento al costo della vita sono – e non integralmente – agganciate al tasso ufficiale di inflazione determinato dallo ISTAT sulla base di un “paniere“ che comprende  non soltanto i generi di prima necessità, ma molti consumi che ne esulano o sono addirittura di lusso. Lo stesso ISTAT riconosce che il rincaro dei generi di prima necessità – alimentari, alloggi, tariffe, etc. – è  percentualmente almeno il doppio del tasso ufficiale e ciò significa che i redditi dei pensionati, i quali nella generalità possono permettersi soltanto l’acquisto dei beni di prima necessità, sono stati fortemente erosi e per nulla allineati al costo della “loro” vita.
A fronte di queste crescenti ed ormai insostenibili ristrettezze dei percettori di redditi da lavoro dipendente, operaio od impiegatizio, e di pensioni vi è una situazione di relativa floridità per coloro – artigiani, commercianti, piccoli imprenditori, professionisti, etc.- che hanno potuto elevare i loro redditi anche molto oltre la inflazione effettiva, profittando anche del cambio di moneta fra lira ed euro, assai mal gestito, senza preveggenza e senza controlli, nel 2001-2002 dal governo di destra.
Anche questo impoverimento di parecchi milioni di italiani, in stridente contrasto con l’arricchimento degli altri milioni percettori di redditi indipendenti e soprattutto dei grandi dirigenti, dei manager, di molti imprenditori, di parecchi politici, degli speculatori finanziari e degli evasori fiscali è un fattore materiale determinante per lo stato di diffusa sofferenza popolare ed importante per la possibilità di una corale e decisa richiesta di rinnovamento.
Altro fattore materiale di natura economica è quello delle tassazioni ed è tra l’altro il più suscettibile di rapidi e diretti interventi dello Stato, mentre per gli altri fattori trattati – avviamento al lavoro, precariato, bassi salari – i provvedimenti possono essere soltanto indiretti ed indotti da una nuova politica economica nei confronti delle imprese. In Italia vige un sistema di tassazione progressiva introdotto più di 50 anni orsono dal ministro Vanoni, che però con il trascorrere del tempo e con i governi orientati a destra – ultimo quello di Berlusconi – ha registrato via via l’abbassamento delle aliquote maggiori e la conseguente attenuazione dello effetto perequativo originario. Ciò vale per le imposte dirette, mentre per le indirette non vi è neppure alcun elemento correttivo.
Sono ancora da considerare l’inasprimento del carico fiscale a causa della inflazione e del “fiscal drag“ ed il trattamento di favore riservato ai proventi delle speculazioni, che addirittura non sempre sono tassati, ed alle rendite finanziarie che hanno una tassazione percentuale dimezzata rispetto ai redditi da lavoro dipendente ed alle pensioni. Questi ultimi inoltre vengono tassati con ritenute alla fonte, mentre per gli altri redditi vi sono dilazioni di almeno due anni in attesa delle dichiarazioni dei percettori, degli accertamenti, dei ricorsi, dei concordati e spesso intervengono anche dei condoni a vantaggio delle dichiarazioni omesse, infedeli o parziali.
Il regime e la situazione di fatto attuali sono dunque intollerabilmente ingiusti, penalizzano fortemente i redditi più certi e meno elevati e privano le casse dello stato di un gettito annuale di miliardi di euro. Anch’esso è un fattore materiale che causa più che legittimi risentimenti che sinora sono stati forzatamente recepiti, ma male interpretati ed utilizzati dalla classe politica e vengono strumentalizzati dal centro destra che continuamente invoca e promette per quando sarà al governo meno tasse e minori spoliazioni delle tasche degli italiani, predicando bene e razzolando male.
Dopo l’analisi sui fattori di natura economica andiamo a trattare dei fattori materiali relativi al benessere dei cittadini ( ambiente, assistenza sociale, scuola, giustizia, sicurezza ), di grande rilevanza per la vita delle persone e per la loro realizzazione – in contrasto con la alienazione attuale – ed anche essi indirettamente influenti sulla situazione economica complessiva e sulle disuguaglianze ed ingiustizie sociali. 
Tutto il mondo, Italia compresa, risente gravemente del degrado ambientale provocato dalla presenza e dalla attività umana, con un processo accelerato oltre misura negli ultimi 100 anni per la affermazione della civiltà dei consumi, della spinta industrializzazione, della dilagante motorizzazione, della fruizione senza regole né rispetto delle risorse naturali e, più recentemente per la estensione delle cattive abitudini e delle prepotenti esigenze dai paesi cosiddetti evoluti a tutti gli altri ed a miliardi di nuovi consumatori.
La rovina ambientale ed i danni di ritorno per le popolazioni della terra hanno suscitato negli ultimi decenni una particolare attenzione ai problemi che hanno posto e che stanno crescendo ed alla necessità di una difesa della natura; sono sorti e si sono sviluppati spontanei movimenti di opinione – ecologisti, verdi, no global – che andrebbero però inseriti in un contesto di ripensamento e rinnovamento della evoluzione della nostra convivenza e civiltà. Da considerare che questi movimenti hanno in comune con quelli popolari e progressisti anche il ripudio delle guerre imperialiste, il pacifismo, la difesa dei diritti umani e quindi possono ascriversi a buon diritto tra le forze di sinistra radicale ed essere coinvolti nei propositi e nei piani di rinnovamento.
Altro fattore materiale essenziale e di grande interesse per le masse, e non soltanto di lavoratori, ma di tutti i cittadini attivi ed in quiescenza, è il mantenimento dello attuale sistema  di assistenza sociale a tutti i bisognosi di aiuti, di interventi, di cure, più o meno gratuito per gli assistiti e finanziato con i contributi dei lavoratori e con la fiscalità generale, del quale gli italiani hanno fruito per circa 50 anni. Assistenza che viene adesso messa in discussione per la sua pesante e farraginosa struttura, per le sue disfunzioni, per i favoritismi e la corruzione che prosperano nelle sue strutture ed infine per il dominio di manager e dirigenti scelti dai partiti con conseguente strumentalizzazione della gestione e per il suo enorme, crescente ed inarrestabile costo.
Questi temi di disparità economiche, di ingiustizie sociali, di assistenza sociale e quindi di scontento provocato da fattori materiali di natura economica sono ovviamente dibattuti e talvolta sbandierati dai partiti politici che li utilizzano per propaganda, ma che poco fanno per risolverli poiché non vogliono ledere gli interessi dei poteri forti e delle forze conservatrici con i quali si troverebbero necessariamente in conflitto e vengono sempre agitati e rivendicati dai sindacati che però da un canto non hanno a mio parere una visione generale, prospettica e realistica della evoluzione sociale ed economica in fieri e dall’altro hanno molto ridotto la loro capacità di influenzare ed organizzare le masse dei lavoratori e possono dunque svolgere una funzione importante nella mobilitazione, ma soltanto sussidiaria nella preparazione del consenso popolare attraverso l’analisi e l’approfondimento.
Per completare l’elencazione dei fattori materiali che in modo e misura determinanti incidono sul benessere dei cittadini e sul modo di vivere è necessario indicare i più importanti servizi sociali che lo Stato dovrebbe fornire ed assicurare pienamente e correttamente e che purtroppo funzionano invece assai male nel nostro paese provocando una incompleta ed antiquata formazione culturale e professionale – la scuola, dalle elementari all’università – inammissibili lentezze nella amministrazione della giustizia penale e civile, molto costosa sia per lo stato che per i cittadini che vi accedono, poco efficace nella interdizione e nella punizione dei delitti – riduzioni di pena in tantissimi casi, libertà solo formalmente vigilata, amnistie ed indulti – una mancanza di sicurezza ed una carente difesa, sia dalla microcriminalità dilagante, sia dalla grande criminalità organizzata – una volta operante nelle regioni del mezzogiorno, ma ormai esportata e radicata in tutto il territorio e per sino in alcune zone della Svizzera e della Germania.
Credo che sia la scuola, che la giustizia, che la sicurezza debbano essere riorganizzate secondo criteri di efficienza quali, rispettivamente, la capacità di fornire una buona base culturale, una coscienza ed una consapevolezza civica e le specializzazioni richieste dalle varie opportunità di lavoro per la prima, rapidità nell’operare e certezza delle condanne per la seconda, una presenza diffusa ed attiva in tutto il territorio ed un coordinamento tra le varie forze dell’ordine per la terza.
Da questa analisi dei fattori materiali di natura non direttamente economica, ma rivolti al benessere dei cittadini ed alla qualità della vita, emerge la possibilità di creare un interesse attivo ed un convinto consenso del nostro popolo per un programma di rinnovamento non demagogico ma effettivo e democratico, con obiettivi ben precisi e realizzabili e con provvedimenti in programma ben mirati, anche se sarà necessario ledere poteri forti ed esigere un maggiore impegno nelle centinaia di migliaia o milioni di addetti a questi servizi, che dovranno essere valutati secondo il merito ed il rendimento nelle funzioni assegnate, abbandonando l’attuale livellamento tendente al basso.
E’ evidente che sia i provvedimenti relativi ai problemi economici ed alla assistenza sociale sia quelli relativi alla tutela dell’ambiente ed alla qualità dei servizi per il benessere comporteranno investimenti assai elevati per parecchi anni. Questa esigenza e l’altra, pure assai importante, di una consistente e celere riduzione dell’enorme debito pubblico che tanto penalizza la nostra comunità nazionale comporteranno la necessità di ingenti risorse che si dovranno forzatamente reperire in drastici tagli di alcune spese pubbliche improduttive ( ne tratterò quanto prima in un altro scritto ), nella dismissione con vendite od affitti dei molti immobili erariali poco o niente utilizzati, in una più elevata tassazione dei maggiori redditi e dei cespiti in atto esenti o scandalosamente favoriti, nel recupero delle evasioni fiscali.
Reperimenti che causeranno forti resistenze e che dovranno quindi essere ben spiegati alla opinione pubblica perché possano anche essi trovare la comprensione ed il consenso di una parte maggioritaria dell’elettorato.
Da ricordare ancora, in questo esame sulle possibilità di rinnovamento radicale della situazione politica, e riallacciandosi a quanto precedentemente indicato sulle condizioni favorevoli,  nel passato sono risultate necessarie e determinanti per i grandi movimenti popolari in Russia, Cina ed Jugoslavia, che – in quelle circostanze – esistevano diffusi e forti stati d’animo delle masse per il rifiuto dei regimi responsabili delle guerre devastanti e delle grandi sofferenze popolari. In merito osservo che fortunatamente non vi sono state nel nostro paese durante la repubblica devastazioni belliche, ma guasti e peggioramenti che hanno generato uno stato generalizzato e durevole di sfiducia, di discredito e disistima della classe politica e dirigente del paese con effetti destabilizzanti del regime attuale.
Peraltro non si tratta di preparare una rivoluzione cruenta, oggi comunque impossibile in un contesto internazionale così strettamente integrato e vincolato e certamente da me non auspicata, ma di perseguire una vittoriosa e consistente affermazione democratica attraverso il consenso popolare ed una ampia maggioranza parlamentare delle forze di sinistra, sostenute e spinte da una ondata di opinione analoga a quella che si è avuta nel 1992 – 93 con il rigetto della “ prima repubblica “. Ma questa volta il consenso dovrà essere profondo, convinto e duraturo, perché costruito su solide basi e con una adeguata e lunga preparazione anziché su impulsi emotivi di sdegno per la diffusa corruzione dei partiti e degli uomini politici di allora; corruzione che peraltro si registra tuttora.

 
 
 
 




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