Aveva denunciato la mancanza di sicurezza sul lavoro, aveva denunciato le condizioni nelle quali gli operai erano costretti a lavorare. Aveva perché Salvatore Palumbo è stato licenziato dalla Fincantieri di Palermo nell’agosto 2007 e da allora ha intrapreso una lunga ed interminabile lotta per il reintegro. Una storia di sicurezza negata, prevaricazione e disperazione che arriva dalla Sicilia.
Salvatore aveva iniziato a lavorare a 17 anni nel nord Italia. “ Sono cresciuto professionalmente nel settentrione maturando una esperienza professionale nel settore carpenteria e saldatura”. Salvatore torna in Sicilia, nella sua isola, nel 2001 quando viene assunto ai cantieri navali di Palermo.
Salvatore aveva iniziato a lavorare a 17 anni nel nord Italia. “ Sono cresciuto professionalmente nel settentrione maturando una esperienza professionale nel settore carpenteria e saldatura”. Salvatore torna in Sicilia, nella sua isola, nel 2001 quando viene assunto ai cantieri navali di Palermo.
Salvatore ha iniziato subito la sua battaglia, quello che vedeva non gli andava giù. “ A pochi mesi dalla mia assunzione notai che nei blocchi di lavorazione gli operai non potevano andare in bagno e espletavano lì i loro bisogni”. I rapporti dopo quelle denunce con i vertici aziendali iniziavano ad incrinarsi. C’è un altro passo nel racconto di Salvatore che porta alla presa di consapevolezza che la sua fosse una battaglia giusta: la morte di Vincenzo Viola. L’operaio Viola muore nel 2004 cadendo da una scala e sbattendo la testa, il secondo in dieci anni, senza contare la lunga lista dei feriti. “ Quella di Viola – racconta Salvatore – fu una morte che mi sconvolse e mi indusse ad un maggiore impegno”. Un crescendo di denunce quello di Salvatore. “ Ho accertato una impiantistica mal funzionante, spesso non c’erano gli aspiratori per i fumi, ponteggi non in regola e poi c’erano gli operai dell’indotto e le registrazioni fasulle”. I numeri degli infortuni venivano falsificati, secondo Palumbo. “ Non potendo modificare le statistiche degli infortuni, modificavano i registri invitando gli operai a mettersi in malattia per non registrare l’infortunio”. Un’accusa quella di Palumbo riferita alle aziende dell’indotto che lavoravano per la Fincantieri. Palumbo ha anche segnalato queste presunte manipolazioni ai sindacati, ma non ci sono riscontri né evidenze che le comprovano. Palumbo ha continuato a denunciare, a sottolineare la scarsa attenzione ai temi della sicurezza del lavoro. La sua attività sindacale trova riscontro anche nell’attività della magistratura. Pochi giorni fa la procura ha, infatti, sequestrato il bacino di muratura dei cantieri navali. L’iniziativa segue un blitz di dicembre nel quale erano state riscontrate carenze nelle misure di sicurezza, accertate dall’Asl. Ma nulla evita il licenziamento di Palumbo che arriva nell’ agosto 2007. Il motivo che l’azienda adduce come giustificazione del licenziamento è la seguente “ Palumbo, addetto ai servizi di guardia e assistenza agli impianti dei bacini di carenaggio del nostro cantiere navale di Palermo – si legge in una rettifica pubblicata sul quotidiano La Repubblica – è stato licenziato nell’agosto del 2007 perché sorpreso in flagrante a pescare all’interno dello stabilimento, durante il turno di notte venendo meno alla mansione di vigilanza alla quale era preposto”. Questa versione viene puntualmente smentita da Nadia Spallitta, avvocato di Palumbo. " Palumbo non è stato colto in flagranza nell’atto di pescare e nessuno lo ha sorpreso mentre pescava, ma è stato semplicemente visto su uno dei moli interni al cantiere navale. Con un provvedimento ingiustificabile, sproporzionato e gravissimo, il lavoratore viene licenziato per un semplice sospetto senza prove puntuali ( la presunta canna telescopica non risulta essere stata sequestrata non è agli atti del giudizio)".
Ci sono altre incongruenze, la prima è relativa alla mansione che Fincantieri decide di far svolgere a Palumbo, nonostante soffrisse di claustrofobia. “ L’azienda mi ha tirato fuori dalle officine e mi ha messo in una zona, isolata, condizionandomi a lavorare a diciotto metri di profondità contro il parere del medico del lavoro che ha accertato che io non potevo lavorare in luoghi chiusi figurarsi a quella profondità”. Il licenziamento, è tuttora in corso un processo, risulta una misura esagerata. “L’azienda mi ha anche offerto 25 mila euro in cambio delle mie dimissioni. Ma solo a me hanno riservato questo trattamento. Un mio collega intento a pescare, reo confesso, è stato condonato. Per due miei colleghi di Genova che hanno preso la tintarella durante l’orario di lavoro è arrivata, fortunatamente, solo una sospensione di due giorni. Lo stesso dicasi per due colleghi che si sono messi a pescare. E allora perché licenziano solo me?”
La domanda resta come la dura lotta che Salvatore Palumbo continua a combattere per ottenere il reintegro. “ Ho tre figli ed una moglie non vorrei che il mio ritorno in Sicilia sia stata una scelta sbagliata, voglio vivere, lavorare e dare un futuro ai miei figli nella mia terra”.
Ci sono altre incongruenze, la prima è relativa alla mansione che Fincantieri decide di far svolgere a Palumbo, nonostante soffrisse di claustrofobia. “ L’azienda mi ha tirato fuori dalle officine e mi ha messo in una zona, isolata, condizionandomi a lavorare a diciotto metri di profondità contro il parere del medico del lavoro che ha accertato che io non potevo lavorare in luoghi chiusi figurarsi a quella profondità”. Il licenziamento, è tuttora in corso un processo, risulta una misura esagerata. “L’azienda mi ha anche offerto 25 mila euro in cambio delle mie dimissioni. Ma solo a me hanno riservato questo trattamento. Un mio collega intento a pescare, reo confesso, è stato condonato. Per due miei colleghi di Genova che hanno preso la tintarella durante l’orario di lavoro è arrivata, fortunatamente, solo una sospensione di due giorni. Lo stesso dicasi per due colleghi che si sono messi a pescare. E allora perché licenziano solo me?”
La domanda resta come la dura lotta che Salvatore Palumbo continua a combattere per ottenere il reintegro. “ Ho tre figli ed una moglie non vorrei che il mio ritorno in Sicilia sia stata una scelta sbagliata, voglio vivere, lavorare e dare un futuro ai miei figli nella mia terra”.