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sabato, 23 novembre 2024
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Nadia Spallitta

Ultimo aggiornamento

La vicenda edilizia della Coop Anemone Tra funzionari comunali distratti e “l’ombra di Liga”

Vi raccontiamo una storia surreale, quella dell’iter amministrativo ed urbanistico di una pratica "edilizia" al Comune di Palermo che avrebbe coinvolto amministrativamente, per “conflitto di interessi”, pure l’assessorato regionale al Territorio. Nel 2009, al tempo in cui ne aveva la responsabilità, Mario Milone che aveva deliberato nei confronti del Comune di Palermo un “intervento sostitutivo”.
Una vicenda complicata e tortuosa. Il cui “palcoscenico della prima” è stato – tanto per cambiare – il Comune di Palermo, come in uso negli anni di grazia dal 2007 al 2010, “dell’Era Cammarata”. La vicenda è quella della “Cooperativa Anemone”. E del suo progetto di realizzare un “Piano di lottizzazione” di 18 villette a schiera (ndr. due piani più seminterrato) dalle parti di Fondo Patti, allo Zen. Progetto non andato a buon fine e che sarebbe stato ispirato da Pippo Liga. Presunto erede – o quantomeno amministratore delegato secondo i pm antimafia – dei beni e del patrimonio, noto ed ancora ignoto, della cosca del boss Lo Piccolo.
 
Sull’affare sfumato della “Coop Anemone” – a occhio e croce cinque milioni di euro di investimento, per un ricavo finale di non meno di 12 milioni di euro – sta indagando la Dda di Palermo, cercando di accertarne i nessi ed i contenuti economico-finanziari, ed ogni eventuale contorno politico-mafioso.
 
Un affare milionario mancato per un soffio, a quanto pare. O per meglio dire, per merito di quattro consiglieri comunali, che si sono messi di traverso. Anzitutto, Nadia Spallitta, allora componente (da 24 ore Presidente) della potente e strategica “Commissione Urbanistica”, che il 31 dicembre 2009 si è accorta che gran parte della documentazione “significativa” a legittimazione della “pratica edilizia”o era approssimativa, o addirittura risultava mancante. Poi i consiglieri comunali Antonella Monastra (“Un’altra storia”), Davide Faraone (Pd), ed Aurelio Scavone (Idv), come si è poi potuto constatare nell’incandescente seduta del Consiglio comunale del 18 gennaio 2010. Gli altri attori comunali consiglieri, funzionari, dirigenti, ed assessori, non si erano accorti di nulla, o quasi, come parrebbe di capire dai verbali e dalle cronache.
 
La storia è cominciata il 7 novembre 2007, con l’invio di una domanda presentata ai competenti uffici del Comune di Palermo (protocollata n° 718701) con la quale si richiedeva l’approvazione di un Piano di lottizzazione edilizia, a firma del signor Giuseppe Crisafulli, legale rappresentante della “Coop Anemone”. L’uomo dichiarava di possedere, in zona Velodromo allo Zen (la parte pregiata), ben 8.602,89 mq di terreno. Più esattamente dalla mappa catastale n°18, le particelle : n° 249, n° 250, n°257, n°256, n°258. (Tenetele a mente queste particelle, più avanti torneranno utili).
 
Il signor Crisafulli segnala che nella particella n° 249 insiste un fabbricato, secondo il PRG, di categoria “netto storico” che, però, una perizia giurata del 7 maggio 2006, allegata, sostiene non esista più, sopravanzato dai ruderi di un manufatto di chiara datazione degli anni sessanta. La perizia è firmata da un consulente, registrato in Tribunale, Pippo Liga. Sottointendendo, quindi, che non si trattava di manufatto antecedente al 1939, per cui non vi era bisogno di alcuna variante al Piano Regolatore Generale. Cosa, che altrimenti avrebbe presupposto un iter amministrativo ed autorizzativo diverso e ben più complesso. Il successivo sopralluogo (20 maggio 2008) dei tecnici comunali, l’architetto Rizzo ed il geometra Cusimano, ha rilevato che “i ruderi del manufatto ritrovato non appaiono antecedenti al 1939 e non presentano connotazioni storico-artistiche di rilevante importanza”, confermando in buona sostanza la perizia di Liga. Il parere, cronologicamente seguente, della Soprintendenza regionale ai Beni Culturali, del 9 giugno 2008, a firma dell’architetto Scogliamiglio, confermava la non esistenza di un vincolo storico-artistico, ma rilevava la classificazione di “netto storico” del manufatto in rovina, confermando, incidentalmente, che come tale era ancora registrato nel vigente PRG.
 
Dopodiché, il 23 giugno 2008, la “pratica istruttoria” assumeva le forme di una proposta di deliberazione. Entrando ufficialmente nell’odg del Consiglio comunale. Addirittura, il 25 settembre 2008, riceveva pure, a maggioranza, parere favorevole della “Commissione urbanistica”. In quella occasione, votarono a favore 4 consiglieri del centrodestra (Inzerillo, Lombardo, Tantillo e Cusumano), due Pd si astennero (Filoramo e Pellegrino), mentre votò contro la Spallitta (che però nel verbale venne erroneamente data per astenuta). Da allora la proposta di delibera all’odg visse una permanenza tormentata, durata ben venti mesi. In parecchie sedute fu annunciata "in discussione", ma su eccezioni della Spallitta, o della Monastra, o di Faraone, venne accantonata. Finchè, il 28 settembre 2009 il signor Crisafulli, legale rappresentante della Coop, denunciando l’inerzia del Comune di Palermo, investiva formalmente del problema l’assessore regionale al Territorio, Mario Milone (da pochi mesi ex assessore all’Urbanistica al Comune di Palermo), chiedendo ai sensi di legge l’intervento sostitutivo della Regione, con il commissariamento della pratica. Al fine di far approvare d’autorità, finalmente, la convenzione edilizio-urbanistica da un “Commissario ad acta”. Il 18 dicembre 2009, espletati gli accertamenti di rito l‘assessore regionale Milone (ed ex assessore comunale) acconsentiva alla richiesta, nominando Commissario al Comune di Palermo il funzionario regionale Giuseppe Traina (ex An).
 
A questo punto, avuta notizia dell’arrivo del Commissario, Nadia Spallitta, il 31 dicembre 2009, scrive al Presidente del consiglio comunale, Alberto Campagna (e per conoscenza allo stesso Commissario Traina) nella quale fa notare che: a) gli atti che avrebbero dovuto indicare il proprietario delle particelle catastali coinvolte nel progetto edilizio Anemone non sarebbero stati né aggiornati, né chiari, quindi non certi. Per cui, il Consiglio comunale non avrebbe potuto mai deliberare alcunché senza conoscere prima il nome di coloro a cui stava rilasciando l’autorizzazione edilizia e la conseguente convenzione, come da obbligo preventivo di legge; b) conseguentemente, gli uffici comunali non avevano potuto richiedere preliminarmente la relativa certificazione antimafia. Per cui, concludeva la Spallitta, la proposta di deliberazione non poteva essere oggetto di decisione del Consiglio, perché incompleta, e quindi conseguentemente l’Assessore regionale non poteva neanche dare corso al suo intervento sostitutivo.
 
Un autentico botto di Capodanno. Così, con pari solerzia, il 13 gennaio 2010, su disposizione commissariale, il dirigente del settore comunale Edilizia ed Urbanistica, Vincenzo Polizzi, richiedeva alla Coop Anemone "copie in corso di validità dei contratti preliminari di compravendita relativi a tutte le particelle catastali che componevano il Piano di lottizzazione”.
 
Il 18 gennaio la vicenda, su richiesta del Commissario e con il consenso di Campagna, approdava in Consiglio comunale, con la motivazione di “illuminare” in tal modo la sua futura decisione finale. Dopo un agitato dibattito procedurale sull’operato del Commissario, consumate le opposizioni della Spallitta e di Faraone, prendeva la parola il consigliere Idv, Aurelio Scavone, “Signor presidente – chiedeva provocatoriamente a Campagna lo storico esponente cattolico democratico – l’assessore regionale che ha nominato questo Commissario è la stessa persona che era assessore comunale prima , quando questa pratica della Coop Anemone è stata istruita dagli uffici comunali, e che oggi nel 2010 è pure di nuovo assessore comunale?”. Milone, nominato assessore regionale il 26 giugno 2009, concluse il suo mandato nel governo appena sei mesi dopo, il 29 dicembre 2009, fu subito rimesso in sella dal sindaco Cammarata, che già il 2 gennaio ne preannunciò il rientro in giunta a Palermo.
 
“Siccome sono certo che si tratti della medesima persona – aveva infierito in aula Scavone – temo si profili un lampante caso di conflitto di interessi, per cui sarebbe indispensabile proseguire la trattazione della discussione con la presenza in aula del nostro attuale assessore comunale. Preannuncio che questa mia osservazione va registrata come una formale pregiudiziale alla prosecuzione di questo dibattito, oltre a chiedere che della vicenda se ne occupi la conferenza dei capigruppo a cui vanno fornite copie di tutta la documentazione amministrativa di questa incredibile vicenda”.
 
Il 2 marzo 2010 la Coop Anemone rispondeva a Comune e “Commissario ad acta”, inviando la regolare documentazione probatoria richiesta solo per la particella catastale n°250, quindi ammettendo, implicitamente, di non essere proprietario (o di non esserlo più) di tutto il resto del terreno. Compresa quindi, anche la particella n°249 dove era allocato il manufatto categoria “netto storico”.
 
Così il 4 marzo 2010, il Commissario redigeva “l’atto di diniego” per incompletezza della pratica, chiudendo la vicenda: 18 giorni prima dell’arresto di Pippo Liga e 16 giorni prima dell’intervista di Liga al periodico antimafia "S": “l’architetto sono io”.
 
La storia ospita funzionari e consiglieri comunali che non guardano con attenzione le carte amministrative. Le pratiche corrono e poi rallentano. Le norme di legge sulla salvaguardia del PRG si prendono qualche vacanza. I certificati antimafia  non sono richiesti per tempo. Critiche politiche, tuttavia.
 
Chiosa Davide Faraone, che è anche deputato regionale: “Già il 25 marzo scorso ho chiesto in una interrogazione parlamentare all’Ars che si accerti che cosa sia successo amministrativamente al Comune di Palermo. Oltre a trasmettere tutta la documentazione sulla vicenda in mio possesso alla Commissione regionale antimafia. Con l’imparzialità della pubblica amministrazione non ci si può andare leggeri, specie quando tra le pieghe delle carte ti spunta uno come Pippo Liga. Non so se mi spiego”.




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