IL BUSINESS – Al via le grandi manovre per la privatizzazione dell’azienda di igiene ambientale dopo i due anni di commissariamento
Non aveva tutti i torti l’anonimo che nel 2008 fece recapitare alla Procura di Palermo un dossier, tuttora all’esame dei magistrati, che comincia con queste parole: «L’emergenza rifiuti è una trovata inventata ad hoc per attribuire gli appalti in deroga alle leggi esistenti». Una trovata per far scorrere un fiume di denaro pubblico. Cuffaro usò i suoi poteri per cercare di realizzare quattro grandi inceneritori: un affare compreso tra 5 e 7 miliardi. Bandì le gare e le aggiudicò a quattro raggruppamenti privati, salvo scoprire che erano state eseguite in modo non conforme alle regole europee e che tra i soci delle aziende vincitrici figurava un’impresa del boss Nitto Santapaola. Le gare furono annullate e i privati chiedono alla Regione centinaia di milioni di risarcimento.
Nel frattempo è salito alla ribalta Lombardo. La sua giunta ha approvato una legge per la raccolta differenziata. Ma nel recente decreto con cui il governo lo nomina commissario si torna a parlare di inceneritori. Il governatore potrà «sovrintendere alla progettazione, alla costruzione e alla gestione degli impianti di termovalorizzazione, previa individuazione delle sedi idonee, in deroga alle previsioni edilizie e urbanistiche vigenti». La frase sembra pensata apposta per l’Amia, l’azienda per l’igiene ambientale di Palermo, in regime di commissariamento, che nella discarica di Bellolampo avrebbe dovuto realizzare con la Falck uno dei quattro inceneritori dell’era Cuffaro.
La palla, dunque, è anche nelle mani dei due commissari straordinari dell’Amia, primo fra tutti l’ex magistrato Sebastiano Sorbello, che giudica indispensabili i termovalorizzatori per il superamento dell’emergenza. Sorbello è affiancato dal commercialista Paolo Lupi, mentre il terzo commissario, l’ex prefetto Giuseppe Romano, s’è dimesso in maggio. Formalmente per impegni all’ospedale Galliera di Genova, di cui è vicepresidente su nomina del segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone. Ma il motivo dev’essere un altro: l’Amia, a guardarci dentro per bene, potrebbe riservare non poche sorprese. Il suo dissesto chiama infatti in causa il comune di Palermo, socio unico.
Nel 2001, quando la maggioranza di centro-destra s’impose, eleggendo sindaco Diego Cammarata, l’azienda distribuiva dividendi, aveva in bilancio 96 miliardi di lire di liquidità, pagava i fornitori in 60 giorni. Non solo è sparita la liquidità e al suo posto sono comparsi i debiti, ma ne è stato anche compromesso l’equilibrio economico-finanziario. Dal 2005 i costi hanno superato i ricavi, e i margini e il risultato d’esercizio sono sempre stati in “rosso”. Nel bilancio si sono aperte voragini – 181 milioni la perdita all’origine del default – che l’ex presidente e senatore di Forza Italia, Vincenzo Galioto, e l’ex direttore generale, Orazio Colimberti, hanno nascosto, secondo la procura, con operazioni fittizie.
Ebbene, di fronte a questo sfacelo si resta stupefatti per il tenore della relazione dei commissari sulle cause dell’insolvenza. Nel leggerla si ha l’impressione che il dissesto sia stato innescato dai crediti che l’Amia vanta da Comuni morosi come Monreale, Bagheria e Palermo utilizzatori della discarica. Si sorvola per esempio sui contratti stipulati con la Pea, collegati all’entrata in funzione dell’inceneritore di Bellolampo, valutati in bilancio 44 milioni pur non valendo più un centesimo dopo l’annullamento delle gare. Né si fa cenno alle infiltrazioni mafiose. Il lavaggio degli autocompattatori dell’Amia avveniva in una società del clan Lo Piccolo. È un caso isolato?
Intanto il Comune ha ripatrimonializzato l’azienda, conferendole due immobili, il terreno di Bellolampo originariamente destinato all’inceneritore e sperando nell’arrivo di 59 milioni di fondi Fas per ricostituirne il patrimonio. Ma come obietta Sebastiano Torcivìa, docente di economia e amministrazione delle aziende pubbliche all’università di Palermo, questa è un’operazione di maquillage contabile che migliora i mezzi propri dell’Amia ma ne lascia insoluto il problema della carenza di liquidità. Senza contare i debiti. Nadia Spallitta, consigliera al Comune di Palermo del gruppo Un’altra storia, ha ottenuto qualche giorno fa dal giudice delegato l’accesso agli atti e riferisce di 2.500 creditori iscritti allo stato passivo dell’Amia, tra cui l’avvocato Gaetano Armao, assessore ai Beni culturali del governo Lombardo, le cui parcelle milionarie hanno fatto molto discutere nel recente passato. Come potrà far fronte l’Amia a queste obbligazioni? E quale futuro si prepara per un’azienda che non ha più automezzi, cassonetti, cestini dei rifiuti, impianti di trattamento, dove tutto è da rifare? Sorbello a chi lo ha incontrato manifesta ottimismo e dice che è imminente una gara da 9,5 milioni per l’acquisto di nuovi compattatori. Ma con quale disegno? L’ipotesi che aleggia è la privatizzazione al termine dei due anni di commissariamento. Il nome più gettonato è quello della Aimeri, società della holding Biancamano di Pierpaolo e Gibi Pizzimbone. Vicini al senatore Marcello Dell’Utri, per conto del quale hanno fondato i circoli del Buon governo in Liguria, i fratelli Pizzimbone hanno fatto rotta sulla Sicilia e il loro consulente nell’isola è – guarda caso – Colimberti. Sull’eventuale privatizzazione, comunque, un ruolo decisivo potrebbero averlo i commissari e Sorbello in particolare per la sua vicinanza all’ambiente di Dell’Utri.
L’ex magistrato non manca di intraprendenza. È stato fino al ‘96 azionista e amministratore, con l’avvocato catanese Carlo Casamichiela, della G. Barbera e C., che nell’oggetto sociale aveva la gestione esattoriale delle imposte dirette comunali, e fino al 2002 azionista e amministratore della Fratelli Sorbello. Ma a riportarne il nome alla ribalta, dopo i trascorsi di magistrato in trincea a Torino e ad Asti, è stato soprattutto il rapporto d’amicizia con il parlamentare (ex An) Enzo Trantino. Da presidente della Commissione d’inchiesta su Telekom Serbia, Trantino nominò Sorbello suo consulente. Fu l’ex procuratore di Asti a scrivere la relazione finale della Commissione. E Trantino è stato tra i legali di Dell’Utri. Per questo a Palermo c’è chi è pronto a scommettere che il senatore finirà per contare molto sul futuro assetto dell’Amia.