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lunedì, 23 dicembre 2024
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Nadia Spallitta

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L’istruzione strumento di libertà

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<<Da giorni centinaia di operatori della scuola protestano davanti al Provveditorato agli studi di Palermo e Roma, rivendicando il diritto al lavoro e garanzie per gli studenti e la scuola. Infatti, la riforma Gelmini penalizza fortemente la Sicilia e Palermo, prevedendo una riduzione di migliaia di posti di altrettanti lavoratori palermitani che – dopo anni di insegnamento e di attività di assistenza amministrativa e tecnica da precari – pur avendo maturato il diritto ad essere assunti, improvvisamente si ritrovano disoccupati, con gravissimo danno non solo personale ma anche alla collettività, poiché così si perdono anche professionalità, passione ed esperienze acquisite da questi lavoratori.
La democrazia e la libertà di un popolo si coltivano e si sviluppano attraverso l’istruzione e quindi la cultura, ed altresì attraverso il riconoscimento e l’attuazione del diritto al lavoro. Le riforme operate negli ultimi anni dall’attuale governo nazionale, soprattutto quelle rivolte al mondo della scuola, sembrano invece indirizzarsi ad obiettivi diversi ed opposti, in quanto nella ricerca di economie pubbliche, piuttosto che colpire gli sprechi delle tante Amministrazioni si preferisce smantellare il già fragile sistema scolastico, operando tagli nella spesa e quindi nell’organizzazione delle istituzioni e riduzioni del personale docente e non docente, tali da rendere difficoltoso -se non impossibile – il regolare funzionamento e la qualità dei servizi scolastici. In altre parole, non solo non si investe in un settore fondamentale per lo stesso progresso di un popolo, anzi si indebolisce il sistema generando nuove sacche di disoccupazione e di povertà culturale ed economica. Solo in questi termini può essere letta la riforma Gelmini che appare, del resto, assolutamente inadeguata ed in violazione delle norme europee e dei principi costituzionali, ed infatti, con buona pace delle direttive dell’Unione Europea – che vietano il precariato di lunga durata e impongono allo Stato dopo 36 mesi di rapporto di lavoro a termine di assumere nei ruoli pubblici i lavoratori – delude i diritti e aspettative dei docenti e del personale tecnico e amministrativo, negando quindi il diritto al lavoro per migliaia di unità e incidendo contemporaneamente  sull’efficienza e la qualità delle istituzioni scolastiche. E’ indubbio, invece, che altre avrebbero dovuto essere le iniziative e le riforme di questo settore così delicato e fondamentale per uno Stato, e che ben diversa doveva essere la filosofia di una riforma della scuola rivolta effettivamente alla tutela degli studenti e del personale che fino ad oggi, con spirito di sacrificio e con grandi difficoltà, ha garantito comunque l’istruzione pubblica>>.


Nadia Spallitta




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