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venerdì, 22 novembre 2024
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Nadia Spallitta

Ultimo aggiornamento

Luigi Patronaggio

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Dott Luigi Patronaggio – Procuratore Capo della Repubblica di Mistretta

 

Razionalizzazione e organizzazione giudiziaria 

La giustizia è malata, è inutile nasconderselo, e la sua più grave malattia si chiama inefficienza.
Tempi lunghi di definizione delle controversie, risposte inadeguate alle domande di tutela del cittadino, hanno portato ad una perdita di credibilità dell’apparato giustizia e ad appellare i magistrati, con l’offensiva espressione di “giudici fannulloni”.
Nell’opinione pubblica la magistratura, secondo un recente sondaggio sul grado di credibilità delle istituzioni, è in fondo alla classifica, preceduta da tanti altri organismi che tuttavia non dovrebbero godere del medesimo prestigio e dell’onore di un ordine che tanto ha dato, anche in termini di sangue, a questo paese combattendo il terrorismo, la mafia e il malaffare, permettendo a questa democrazia di essere una democrazia compiuta.

Non ci sto e non ci dobbiamo stare.

Le cause della malattia sono molteplici e le cure complesse e il virus non sono i magistrati che, nella stragrande maggioranza, senza protagonismi politici, con sobrietà e misura, fanno ogni mattina, ogni sera e talvolta, ogni notte, e vi prego di credermi, ne conosco, fanno il loro dovere.

Vi è, innanzi tutto, un’ equivoco politico di fondo che dobbiamo chiarire: più si ampliano le sfere di garanzia del cittadino più occorrono investimenti di uomini e mezzi, e più conseguentemente si allungano i tempi processuali.
Il rito accusatorio puro per la definizione di milioni di processi, anche di tipo “bagattellare”, è un lusso che non tutti i paesi si possono permettere.
Tre gradi di giudizio, in una giustizia al collasso, è un altro lusso che questo paese e questa giustizia non si possono permettere.
Pensare di affidare alla giustizia penale e alla sanzione penale la risoluzione di tutte le tensioni sociali di questo paese è un peccato di presunzione. Tentare di perseguire tutti i reati ( e sono tanti a fronte di una sistematica incapacità di applicazione delle sanzioni amministrative), per, alla fine, non perseguirne nessuno è schizofrenia del sistema. Ripensare quindi al principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale con l’introduzione di obiettivi da raggiungere e di priorità da risolvere.
Così nel campo civile, lasciare che le controversie restino in balia degli attori privati, senza meccanismi di risoluzione preventiva delle stesse o di interventi decisi da parte del “giudice- arbitro” è altro lusso che non ci possiamo permetterci.

Dunque interventi normativi, sostanziali e processuali, per ridurre la lunghezza dei processi.

Ma anche interventi sulla mentalità nella gestione dei processi. Non più centralità del giudice-artigiano, singolo ed isolato, autoreferenziale, ma centralità dell’organizzazione, del gruppo di lavoro coordinato.
Non più neppure sentenze prolisse, ricami giurisprudenziali, fatti talvolta anche male con il “taglia – incolla” di Word; ma occorre pensare a nuovi modelli di stesura della motivazione, con un ricorso sempre più frequente a motivazioni succinte e contestuali.

Ma dove occorre intervenire in modo drastico e deciso è il versante dell’organizzazione. Della razionalizzazione delle risorse. E con ciò senza volere fare polemica, in questi tempi di crisi, con l’inadeguatezza degli stanziamenti previsti per la giustizia.

Non illudiamo il cittadino con riforme che nulla hanno a che vedere con l’efficacia e l’efficienza del sistema.

Dicevo in mio recente intervento pubblico :

…. che il nodo delle intercettazioni telefoniche è un nodo importante per la tutela della privacy del cittadino, ma sicuramente nulla ha a che vedere con l’efficacia e l’efficienza del sistema.
Riformare il CSM, aumentando il numero dei consiglieri laici (cioè uomini di legge indicati dai partiti politici), a discapito dei consiglieri togati (cioè consiglieri-magistrati espressione delle correnti interne della magistratura), renderà, forse, il CSM meno corporativo, ma ancora una volta, nulla a che vedere con l’interesse reale del cittadino utente del sistema giustizia.
Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, è cosa sicuramente importante in relazione al diritto del cittadino di trovarsi al cospetto di un giudice realmente terzo, ma nulla sposta, ancora un volta, sul terreno dell’efficienza.

C’è invece una riforma, invece, che al suo interno ne contiene altre più piccole, a “costo zero” per l’Erario, anzi, che tanto denaro farebbe risparmiare alla Stato, ma che sistematicamente è stata elusa dai Governi che si sono succeduti in questi anni.
Mi riferisco, a quello di cui oggi dobbiamo dibattere, alla revisione e razionalizzazione delle circoscrizioni giudiziarie, ad un nuovo disegno della geografia giudiziaria del Paese ed al conseguente recupero di efficienza del modello organizzativo giudiziario diffuso nel territorio.

Non a caso nella relazione introduttiva del collega Luca Palamara , Presidente dell’ANM al XXIX Congresso Nazionale di Roma, del giugno scorso, è stato posto l’accento “ad un non più differibile complessivo intervento sulla geografia giudiziaria “ .
E la stessa ANM ha avanzato al Ministro della Giustizia un progetto, non sempre condivisibile ma pur sempre un progetto, uno sforzo di razionalizzazione, per l’accorpamento degli uffici di minime dimensioni.

In Italia esistono ben 166 uffici giudiziari, di cui 5 di grandissime dimensioni, definiti metropolitani, 60 di dimensioni medio-grandi e ben 101 di dimensioni piccole o piccolissime, con meno di 15 giudici per sede. Ora, se da un lato, i grandi uffici giudiziari non riescono a dare il meglio di sé, proprio per la dimensione elefantiaca della struttura, è altrettanto vero che uffici di piccole dimensioni, e sono ben 101, rappresentano un dispendio di energie che le Finanze di questo povero Paese non si possono certamente permettere.
Un accorpamento intelligente degli uffici, ovvero il ridisegno degli stessi in modo razionale, la creazione di strutture a “dimensione ottimale”, permetterebbe quello che gli specialisti dell’organizzazione chiamano “economie di scala”.
L’accorpamento di uffici piccoli a quelli più grandi è operazione sostanzialmente non onerosa – fatti salvi i legittimi interessi locali e il diritto ad un accesso facile e diffuso alla giustizia, costituzionalmente garantito – che permetterebbe il recupero di preziose energie.

All’interno delle nuove ottimali strutture, poi, dovrebbero trovare spazio dei gruppi di lavoro rapportati al fabbisogno di tutela del singolo settore di intervento o territorio di riferimento. Una struttura orientata da un progetto di lavoro secondo le necessità del cittadino e delle sue domande di tutela.
Più semplicemente, una organizzazione giudiziaria al servizio del cittadino.

E‘ fin troppo chiaro, peraltro, che il ri-disegno della struttura territoriale deve essere realizzato con il concorso di tutti gli attori del mondo giudiziario: politici, amministratori, magistrati, avvocati, personale amministrativo.

Razionalizzazione, quindi, delle risorse esistenti per pervenire al raggiungimento di obiettivi condivisi e , primo fra tutti, quello della ragionevole durata del processo.
Occorre pensare, allora, alla diffusione di buone prassi di lavoro condivise, all’adozione di protocolli di udienza, ad agende di lavoro concordate, alla fissazione di priorità di trattazione degli affari, ad una informatizzazione diffusa, fino al raggiungimento, per il settore civile, del tanto agognato processo telematico.

Di questo signori oggi dobbiamo parlare, ognuno offrendo il contributo della propria scienza giuridica e della propria onestà intellettuale.

Qui non si discute il mantenimento di questa poltrona piuttosto che un’altra, qui si discute della giustizia e del cittadino.
Se peculiarità criminali ( penso alla lotta alla criminalità organizzata nel sud Italia), se peculiarità di tipo geografiche (insularità, zone montane), se tradizioni di efficienza giudiziaria radicate sul territorio ( e il mio pensiero corre a questo prezioso tribunale di Mistretta fondato prima dell’Unità di Italia, in cui mi onoro di lavorare), devono essere considerate e valorizzate nell’ambito di questo nuovo disegno organizzativo, non dimentichiamoci che in gioco c’è la credibilità della giustizia che è il fondamento primo della democrazia.




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