Prot. n. 76 Palermo, 5 aprile 2011
Al Sig. Sindaco del Comune di Palermo
MOZIONE
“NUCLEARE ? RISCHIO. FERMIAMO IL NUCLEARE”
PREMESSE
Quando nel 1987 i cittadini italiani furono chiamati ad esprimersi in merito all’uso a scopi civili delle tecnologie di approvvigionamento energetico nucleare, decisero a maggioranza di bloccare il nucleare italiano. Lo fecero innanzitutto temendo per la propria salute perché valutarono il nucleare come una fonte poco sicura.
La recente catastrofe della centrale nucleare giapponese di Fukushima, che sta provocando danni irreparabili e devastanti per l’ambiente e per la salute delle popolazioni e, ancor prima, quelli avvenuti a Three Mile Island nel 1979, a Chernobil nel 1986, a Tricastin in Francia nel 2008, o la fuga radioattiva verificatasi a Fleurus in Belgio pure nel 2008, o lo sversamento di oltre 200mila litri di fanghi radioattivi nella miniera di Somair in Niger nel 2010, per citare i casi più devastanti, dà ampliamente conferma a questa valutazione ed è, purtroppo, un’immagine abbastanza convincente per esprimere l’effettivo pericolo delle centrali nucleari, nonostante i più avanzati sistemi di sicurezza e a prescindere dalla tecnologia utilizzata per la loro realizzazione. Infatti, il disastro nucleare in Giappone è stato provocato dall’interruzione della rete elettrica che ha bloccato i sistemi di raffreddamento e il guasto ai sistemi di emergenza, conseguente al terremoto e allo tsunami, possibilità che possono verificarsi in altri Paesi o anche in caso di inondazione con black out elettrico o di attentati alla rete elettrica.
Attualmente nel mondo sono in esercizio 442 centrali di varia generazione, mentre sono in costruzione 65 reattori, ed è interessante fare un bilancio complessivo energetico ed ambientale dell’intero ciclo del nucleare, comprese le varie attività di costruzione e smantellamento di una centrale.
Mediamente occorrono tre anni per la progettazione e la localizzazione di una centrale nucleare, sette anni per il suo allestimento, dieci anni circa per ammortizzare, in termini economici, l’energia consumata nel costruirla, dieci anni per fornire energia netta, e quaranta anni di durata di funzionamento; mentre occorrono cinquant’anni di fermo impianto per eliminare il livello di radioattività di un sito e circa sessant’anni per lo smantellamento totale.
Uno dei maggiori problemi provocati dalle centrali nucleari è la produzione di scorie pericolose che richiedono migliaia di anni per diventare innocue. I materiali prodotti dagli impianti nucleari sono classificabili in diverse tipologie a seconda del tempo di decadimento richiesto, in particolare, risultano di rilevante importanza i rifiuti di “seconda categoria”, i cui livelli di radioattività decadono in tempi dell’ordine delle centinaia di anni, e i rifiuti di “terza categoria” che decadono in tempi dell’ordine delle migliaia di anni. Di fatto, in nessun paese al mondo è stata ancora trovata una soluzione definitiva per il confinamento delle scorie e in Italia, in cui si vuole riavviare un programma nucleare, nonostante gli esiti del referendum del 1987 che portò i governi dell’epoca a decidere per lo smantellamento delle quattro centrali nucleari esistenti, ancora devono essere accantonate circa 60.000 m. cubi di rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali fermate.
Non meno gravi sono gli effetti biologico-sanitari della radioattività che può causare un incidente nucleare. Scienziati e ricercatori di chiara fama mondiale hanno documentato che gli effetti della nube radioattiva provocata dalla catastrofe di Chernobyl che ha colpito non solo URSS, Ucraina e Bielorussia, ma l’Europa intera, ha causato circa un milione di vittime con migliaia di casi accertati di tumori infantili a carico di tiroide e midollo. Negli anni ‘90, solo in Bielorussia e Ucraina i casi accertati di carcinoma infantile della tiroide furono quasi 1000 (con un incremento di 30 volte e addirittura di 100 volte nelle zone più vicine a Chernobyl), ed in molti altri Paesi europei, da alcuni anni aumentano le segnalazioni di incrementi di leucemie infantili direttamente correlate alla dispersione di isotopi radioattivi del cesio che permangono in ambiente e catene alimentari per decenni.
Altri aspetti critici e da non sottovalutare, relativi al funzionamento di una centrale nucleare, sono la grande quantità di acqua necessaria per il raffreddamento al momento della produzione di energia elettrica (si stima che in Francia, per esempio il 40% di tutta l’acqua consumata è usata nelle centrali atomiche), e la quantità di uranio utilizzato nella fabbricazione del combustibile.
A parte il fatto che le riserve di uranio potrebbero esaurirsi nell’arco di pochi decenni, l’attività mineraria per estrarre ed arricchire l’uranio è una delle attività industriali che consuma più energia ed emette più CO2: vengono infatti utilizzati combustibili fossili, elettricità, enormi quantità d’acqua, di acido solforico e fluoro, che è un gas altamente velenoso e provoca un effetto serra migliaia di volte più potente del CO2.
CONSIDERATO CHE
> Paesi come Germania, Belgio, Olanda, Scozia, Spagna, Danimarca, Grecia, Norvegia e Irlanda e Svezia hanno deciso di frenare o addirittura hanno già programmato la propria fuoriuscita dal nucleare e di non costruire più centrali nucleari nel loro territorio, puntando sulle energie rinnovabili così come tanti altri Stati stanno investendo grandi risorse sull’energia solare termica e fotovoltaica, sull’energia eolica, sulle biomasse e l’idroelettrico nonché sulla promozione del risparmio energetico di edifici e impianti.
> In Europa la crescita delle fonti rinnovabili è in continuo aumento e gli ultimi dati ufficiali, relativi al 2009, sanciscono che nell’Unione Europea il 18,2% dei consumi totali di elettricità sono coperti con fonti rinnovabili.
In Italia, sempre secondo le più recenti stime relative alla fine del 2010 ancora da consolidare, la potenza totale installata delle energie rinnovabili ha superato i 30 GW, con incrementi per le singole tecnologie come l’eolico e il fotovoltaico. L’eolico negli ultimi dieci anni, passando da 420 a 5.850 MW con più di 5.100 turbine installate, è giunta a coprire i consumi di 3.100.000 famiglie italiane, evitando in atmosfera l’emissione di 4,5 milioni di tonnellate di CO2, ed evitando l’import di quasi 5 milioni di barili di petrolio che hanno significato un risparmio per la bolletta energetica nazionale di 400 milioni di euro. Anche il fotovoltaico è in forte crescita: la produzione di energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici è passata dai 193 GWh del 2008, ai 676 del 2009, fino ai 1.600 GWh del 2010. Naturalmente, l’utilizzo di fonti rinnovabili genera anche un forte incremento dell’economia, producendo posti di lavoro, ricchezza, entrate fiscali, risparmi negli acquisti di combustibili fossili e, soprattutto, riduzione delle emissioni climalteranti.
Per questo le fonti rinnovabili vanno incentivate e potenziate in un nuovo e dinamico sistema energetico che possa mettere in rete la pluralità di fonti sfruttando al meglio quelle che sono le caratteristiche precipue dell’Italia e cioè sole e vento. Dalla morfologia del territorio italiano, infatti, si possono trarre una pluralità di fonti di energia generate da fonti naturali, quali energia solare, energia eolica, energia geotermica, energia da biomassa, energia idroelettrica, ognuna con particolarità proprie e con un impatto ambientale ridotto rispetto alle fonti fossili.
CONSIDERATO ALTRESI’ CHE
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto sulle energie rinnovabili (D.Lgs 03.03.2011) di recepimento della direttiva UE 2009/28 sulla promozione dell’uso delle energie alternative che si propone una riorganizzazione del sistema di incentivi riferiti a questo settore, definendo strumenti e meccanismi volti al raggiungimento degli obiettivi fissati al 2020, compreso il traguardo del 17% di energia prodotta da fonti rinnovabili..
L’approvazione di tale decreto, che prevede che da giugno, con un decreto interministeriale da emanare entro aprile, si procederà a una rimodulazione del regime degli incentivi per gli impianti in rete dopo il 31 maggio 2011, ha suscitato motivate ed accese reazioni contrarie da parte di aziende, di associazioni di settore ed ambientaliste che hanno determinato alcune delle modifiche richieste al testo, come ad esempio il taglio sui certificati verdi, o la cancellazione della norma che sospende gli aiuti al fotovoltaico sopra gli 8.000 MW.
TENUTO CONTO CHE
> L’attuale governo, con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 e ss.mm.e ii., “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, ha attuato il ritorno al nucleare, e con la legge 23 luglio 2009, n. 99 e il relativo decreto attuativo recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” ha avviato iniziative finalizzate al ritorno alla produzione di energia nucleare in Italia, con la costruzione di ben 10 centrali nucleari sul territorio nazionale.
> la Corte Costituzionale, in data 14 gennaio 2011, si è pronunciata favorevole alla ridiscussione del decreto sopra citato, ed in particolare si è pronunciata favorevole alla possibilità di abrogare tale norma attraverso l’istituzione di un referendum. Inoltre, lo scorso 2 febbraio la Corte Costituzionale con sentenza n. 33/2011 ha dichiarato illegittimo l’articolo 4 del decreto delegato (D.lgs 15 febbraio 2010, n. 31) in materia di localizzazione nucleare, stabilendo il necessario coinvolgimento delle Regioni interessate dai siti atomici le quali dovranno, inoltre, esprimere un parere preventivo, obbligatorio anche se non vincolante, rispetto alle scelte del Governo.
> che la maggioranza delle Regioni si è opposta a quanto disposto dal decreto legislativo n. 31/2010 riguardante i criteri della realizzazione e conduzione di impianti di produzione di energia nucleare e di tutti i sistemi di produzioni complementari e di stoccaggio sia da combustile nucleare sia dei rifiuti radioattivi, che prevede di fatto che il Governo possa decidere la localizzazione di una centrale anche con il parere contrario della Regione individuata.
RITENUTO CHE
L’ipotesi di costruire una centrale nucleare in Sicilia non può non tenere conto di alcune notevoli criticità, come ad esempio il rischio sismico ed idrogeologico e la forte antropizzazione del territorio.
IL CONSIGLIO COMUNALE
si impegna e impegna
IL SINDACO
ad adoperarsi concretamente, attraverso l’utilizzo dei canali istituzionali:
1. Ad esprimere parere negativo al ritorno al nucleare ed alla costruzione di centrali nucleari, chiedendo al Governo della Repubblica il ritiro della legge che riapre le porte del nucleare in Italia, invitandolo a rispettare i pareri espressi dalle Regioni in merito al nucleare e all’insediamento di centrali nucleari nei propri territori.
2. A dichiarare al Presidente della Regione Siciliana e, quindi al Governo della Repubblica, la contrarietà ad un eventuale insediamento nella Regione Siciliana di centrali nucleari, e l’indisponibilità ad ospitare nel territorio regionale centri, anche temporanei, per lo stoccaggio, smaltimento o smistamento di scorie radioattive.
3. Ad operare nelle sedi istituzionali affinché venga promossa ed incentivata la massima partecipazione alla prossima consultazione referendaria per consentire a tutti i cittadini di esprimere liberamente il proprio parere sul nucleare in generale per tutto il territorio nazionale e d in particolare sulla costruzione di centrali nucleari sul territorio siciliano.
4. A sollecitare il Presidente della Regione Siciliana affinché produca atti formali al fine di dichiarare la Sicilia “Regione Denuclearizzata”.
5. A modificare il vigente regolamento edilizio al fine di sviluppare la diffusione e la realizzazione di tecnologie che utilizzino fonti di energia rinnovabili nell’ambito sia degli edifici e utenze energetiche pubbliche o ad uso pubblico, con particolare attenzione per gli enti pubblici che dovrebbero realizzare nel giro di pochi anni sulle coperture degli edifici pubblici pannelli fotovoltaici, che per edifici ad uso privato, con proposta di modifica da presentare in Consiglio Comunale entro 90 giorni.
6. A elaborare, nel rispetto del decoro urbanistico, un piano energetico particolareggiato del centro storico di Palermo contenente linee guida e programmi per lo sviluppo, la diffusione e la realizzazione di tecnologie che utilizzino fonti di energia rinnovabili nell’ambito sia degli edifici pubblici o ad uso pubblico, con particolare attenzione per gli enti pubblici che dovrebbero realizzare nel giro di pochi anni sulle coperture degli edifici pubblici pannelli fotovoltaici, sia per edifici ad uso privato, da presentare in Consiglio Comunale entro 90 giorni.
7. A semplificare l’iter amministrativo relativo al rilascio delle autorizzazioni, a sostegno della produzione di energia da risorse rinnovabili a basso livello di emissioni inquinanti e climalteranti, destinata all’autoconsumo e/o all’immissione in rete.
8. Ad accedere ai finanziamenti pubblici ed europei rivolti all’incentivazione del ricorso a fonti di energia rinnovabile.
9. Ad istituire apposito capitolo di bilancio per la realizzazione presso edifici pubblici e privati che intendano conseguire l’inserimento nella classe energetica B o A di casa-clima, di forme di bioenergia.
LE CONSIGLIERE
Nadia SPALLITTA Antonella MONASTRA