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sabato, 31 agosto 2024
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Nadia Spallitta

Ultimo aggiornamento

on. Luigi De Magistris

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on. Luigi De Magistris
 
 
 
 

Lettera, inviata dall’on. Luigi De Magistris, in occasione della tavola rotonda,

all’interno dell’assembla di Un’Altra Storia, tenutasi il 16 gennaio

presso la sala gialla di Palazzo dei Normanni.

 
 
 
 
Cara Rita,

purtroppo concomitanti impegni non procrastinabili mi hanno impedito di partecipare ad una tavola rotonda dall’altissimo spessore culturale, sia per le tematiche trattate che per i relatori intervenuti.
Mi è stato chiesto se volessi offrire un contributo scritto, seppur sintetico, sul tema della legalità democratica. Ho accettato con piacere, pur nella convinzione di poter offrire solo qualche spunto di riflessione, in quanto la presenza fisica avrebbe consentito il confronto tra i relatori ed il contatto diretto con il pubblico. Il dibattito produce arricchimento reciproco.
Partiamo da una prima riflessione.
Non tutto ciò che è legale è democratico. Non tutto ciò che è legale è legittimo.
I regimi autoritari spesso utilizzano lo strumento legale per colpire gli oppositori. La dittatura non ha sempre la necessità di utilizzare la violenza fisica, l’olio di ricino. Con il dominio del potere esecutivo e del potere legislativo, il condizionamento degli organi di garanzia ed il controllo dei mezzi di comunicazione, si può utilizzare l’abuso del diritto, praticare il diritto illegittimo, adottare il formalismo illegale per perpetrare le più atroci ingiustizie, per realizzare le più profonde disuguaglianze, per neutralizzare coloro i quali tentano di contrastare democraticamente e pacificamente i detentori del regime.
Alcuni brevi esempi.
Il lodo Alfano. Una legge che viola manifestamente la Costituzione; un abuso della norma da parte di chi detiene il potere per favorire il principale detentore del potere, anzi dei poteri.
La distruzione di servitori dello Stato non più attraverso il tritolo, ma con la carta da bollo, con lo strumentario dei legulei serventi del potere, anzi dei poteri. 
Eccoci, quindi, alla democrazia. Esiste ancora la democrazia nel nostro Paese?
Non credo, quanto meno è profondamente malata.
Alcuni esempi, analizzando la Costituzione Repubblicana la cui difesa ed attuazione dovrebbero essere il programma per una rinnovata unità della sinistra, del centro-sinistra.
Art. 1 della Costituzione: l’Italia è una Repubblica democratica che si fonda sul lavoro. Ma il lavoro è un diritto solo per pochi; per molti non esiste. Per molti altri è precario; per tanti altri si perde nel cuore della vita. Per molti è stato un privilegio ottenuto con compromessi; per molti altri è costato piegare la schiena. Per tanti creare vincoli di appartenenza che condizionano per sempre la libertà, oltre che compromettere la dignità. Ci può essere democrazia senza lavoro?
Art. 3 della Costituzione: la legge non è uguale per tutti. Molte leggi servono per uno, o per pochi. I processi sono celeri per gli scarti della società e lunghi, certe volte interminabili, per i colletti bianchi. Gli esseri umani non sono eguali; chi è nero ha meno diritti del bianco. Chi è omosessuale è meno uguale di chi è considerato normale dai canoni di un’opulenta e sonnacchiosa borghesia. La donna è un po’ meno uguale dell’uomo. Il ricco è più uguale del povero. Chi ha più reddito ne deve avere sempre di più. La disuguaglianza acuisce il conflitto sociale che diviene pretesto per la repressione da parte dei detentori del potere, per la criminalizzazione del dissenso, per tacciare di estremismo coloro che osano pensare in modo diverso dal manovratore. Il furbo ha più diritti del leale. Perché non si attua la seconda parte dell’art. 3 della Costituzione in tutta la sua essenza rivoluzionaria? Laddove si legge che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che rendono i cittadini diseguali. L’uguaglianza, la solidarietà, la libertà e la fratellanza sono miraggi, anzi mi correggo: obiettivi che dobbiamo raggiungere, un approdo verso il quale indirizzare i nostri cuori ed il nostro agire sociale e politico.
Art. 21 della Costituzione: non vi è, complessivamente, indipendenza dell’informazione, né pluralismo e libertà della stessa. Il regime impone la scomparsa dei fatti. La conoscenza dei fatti, nella loro oggettività, elimina l’ignoranza, intesa proprio come mancata conoscenza dei fatti. Il fatto, raccontato nella sua oggettività, verrebbe, poi, interpretato, commentato, analizzato attraverso la pluralità delle opinioni. Indipendenza e pluralismo stimolano il pensiero libero e critico. Libertà e critica possono produrre dissenso al regime. Il dissenso può, quindi, condurre allo sgretolamento del sistema, anche quello più granitico.
Gli organi di garanzia, i contrappesi costituzionali, i guardiani della democrazia, vengono quotidianamente indeboliti con norme e comportamenti, con provvedimenti e campagne di regime. Eppure non vi è democrazia senza balance of powers. Ogni dittatore, infatti, reputa che l’elezione, soprattutto se diretta da parte del popolo, lo colloca al di sopra delle legge. Questa è, appunto, la dittatura. In democrazia, invece, nessuno è al di sopra della legge.
In questo scenario di indebolimento democratico e di crollo dello Stato di diritto, la mafia che penetra sempre più nelle Istituzioni si plasma di legalità democratica. Anche attraverso il consenso, più o meno manipolato. Anche le mafie iniziano ad utilizzare lo schermo legale per il loro agire. Cominciano anche a vestirsi con gli abiti della legge. L’istituzionalizzazione della mafia, dopo la stagione devastante delle bombe, significa il consolidamento della borghesia mafiosa. Il legame tra pezzi delle istituzioni, della politica, dell’economia e del crimine organizzato. Le mafie sono, quindi, in condizione di governare, di fatto, in modo occulto, la cosa pubblica. Le mafie che utilizzano, quindi, la legge. L’abuso del diritto per rendere apparentemente legittimo l’operare del crimine. La mortificazione, in definitiva, degli strumenti democratici per eccellenza.
Questo intreccio perverso, tutto interno alle istituzioni, diviene il cancro della democrazia che dobbiamo estirpare. E’ un imperativo morale, prima ancora che giuridico. Dobbiamo riaffermare la legalità democratica, secondo gli insegnamenti dei nostri padri costituenti. La legge è democrazia, così come la democrazia deve essere legale. Vigiliamo ed operiamo affinché la legge sia costituzionalmente orientata; affinché il più grande dono dei nostri padri costituenti, quale eredità al nazi-fascismo, non ci venga disintegrato dai detentori di un potere sempre più illegale, ma che appare sempre più legale ed anche normale. Non consentiamo più la normalizzazione dell’illegalità e, con essa, delle mafie.

Un caro abbraccio a tutti voi e spero a presto,

Luigi de Magistris




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