Per fare uscire dalla marginalità chi è senza un tetto il Consiglio comunale ha di recente approvato una mozione presentata da Nadia Spallitta e Antonella Monastra, del gruppo Un’Altra Storia, che impegna il sindaco a introdurre l’iscrizione anagrafica per i senza fissa dimora.
“La residenza anagrafica – spiegano le consigliere – è uno strumento fondamentale per il recupero dei diritti alla cittadinanza e per favorire il percorso di reinserimento sociale, oltre che per l’accesso alla casa. In molti Comuni, inoltre, grazie alla specifica giurisprudenza che regola la registrazione anagrafica, viene riconosciuto il diritto dei senza fissa dimora a mantenere la residenza nell’abitazione perduta o a fissarla in una nuova dimora anche fittizia”.
La mozione approvata prevede l’istituzione di un indirizzo anagrafico convenzionale a favore delle persone senza fissa dimora che chiedano di stabilire la propria residenza nel capoluogo, gestito direttamente dall’amministrazione comunale, in modo tale che possa essere garantiti tutti i diritti civili e individuali, nonché l’accesso a tutti i servizi socio-sanitari. Nel documento si chiede inoltre che i senza fissa dimora possano usufruire di pari opportunità, accesso gratuito ad alcuni servizi e in generale degli stessi incentivi previsti dall’amministrazione centrale e locale per gli altri cittadini in condizione di disagio, oltre che interventi di prevenzione e di politica sociale finalizzati all’inserimento lavorativo e sociale all’interno dei senza fissa dimora e dei cittadini svantaggiati, con particolare attenzione ai giovani a rischio di devianza, alle persone con dipendenza da sostanze stupefacenti e a perone con disagio mentale e psichico.
Focus. Cosa dice la direttiva ministeriale
PALERMO – “La richiesta di iscrizione anagrafica – recita la Circolare del ministero dell’Interno del 29 maggio 1995 n. 8 – che costituisce un diritto soggettivo del cittadino, non appare vincolata ad alcuna condizione, né potrebbe essere il contrario, in quanto in tal modo si verrebbe a limitare la libertà di spostamento e di stabilimento dei cittadini sul territorio nazionale in palese violazione dell’art. 16 della Carta costituzionale (…) Il concetto di residenza, come affermato da costante giurisprudenza e da ultimo dal Tribunale amministrativo regionale del Piemonte con sentenza depositata il 24 giugno 1991, è fondato sulla dimora abituale del soggetto sul territorio comunale, cioè dall’elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e soggettivo dell’intenzione di avervi stabile dimora, rilevata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle relazioni sociali, non può essere di ostacolo all’iscrizione anagrafica la natura dell’alloggio, come un fabbricato privo di licenza di abitabilità”.