Ricorso collettivo promosso dalla associazione Bispensiero contro le targhe alterne
CONTRO
-Comune di Palermo in persona del Sindaco pro-tempore domiciliato per la carica in Palermo – Piazza Pretoria – Palazzo Comunale
PER L’ANNULLAMENTO PREVIA SOSPENSIONE
-Dell’ ordinanza sindacale 342 del 06/11/2008 avente ad oggetto “Interventi di limitazione della circolazione veicolare per il contenimento dell’inquinamento atmosferico. Provvedimento targhe alterne nei giorni dal lunedì al venerdì nonché dell’allegata relazione tecnica
– di tutti i provvedimenti presupposti connessi o conseguenti
Fatto
I ricorrenti, per la maggior parte residenti in Palermo, sono proprietari o possessori di autovetture con classe di omologazione euro 0,1,2,3.
Con ordinanza del 6 novembre 2002, pubblicata all’albo pretorio fino al successivo 20 novembre, e adottata ai sensi dell’art.comma 1 lett b) de CdS il Sindaco di Palermo disponeva la limitazione del traffico veicolare a tutti i veicoli , con eccezione degli euro 4, nella fascia oraria compresa tra le 08.00 e le 09.30 e tra le 18.30 e le 20.30 istituendo, al contempo, nella fascia oraria 09.30-18.30, per i soli giorni feriali dal lunedì al venerdì, la limitazione per targhe alterne per i veicoli con classe di omologazione euro 0,1,2,3.
Il provvedimento, adottato a tempo indeterminato , si fondava sulla necessità di ridurre la soglia dell’inquinamento atmosferico, come rilevata dalla relazione aggiornata dell’ufficio ambiente del Comune, muovendo dal presupposto che i veicoli euro 0,1,2,e 3 fossero i più inquinanti
Il divieto, si legge nell’ordinanza, ricadeva :nell’area interna ad un vasto tracciato viario perimetrale ( ex ztl):
“Piazza Giulio Cesare, corso Tukory, piazza San Francesco Saverio, via Forlanini, via Cadorna, via Mura di Porta Montalto, piazza Porta Montalto, corso Re Ruggero, piazza Indipendenza, corso Calatafimi, via Vittorio Emanuele, via Matteo Bonello, via Papireto, corso Alberto Amedeo, piazza Vittorio Emanuele Orlando, via Nicolò Turrisi, via Villa Filippina, piazza San Francesco di Paola (lato in prosecuzione di via Villa Filippina), piazza Amendola, via Paolo Paternostro, via Garzilli, via Dante, via Principe di Villafranca, via Mattarella,via Duca della Verdura, via Sampolo, piazza Don Bosco, piazza Leoni, viale del Fante, via Cassarà, via De Gasperi, via Empedocle Restivo, via Lazio, via Zappalà, via Liszt, piazza Armstrong, via Palagonia, piazza Malaspina, piazza Ottavio Ziino, via Serradifalco, piazza Principe di Camporeale, piazza Sacro Cuore, corso Finocchiaro Aprile a congiungersi con corso Alberto Amedeo, via Nicolò Turrisi, via Villa Filippina, piazza San Francesco di Paola (lato in prosecuzione di via Villa Filippina), piazza Amendola, via Paolo Paternostro, via Garzilli, via Dante, piazza Giachery, via Piano dell’Ucciardone, via Francesco Crispi, via Cala, via Foro Umberto I, via Lincoln e piazza Giulio Cesare,.
I ricorrenti, per la maggior parte residenti in Palermo, sono proprietari o possessori di autovetture con classe di omologazione euro 0,1,2,3.
Con ordinanza del 6 novembre 2002, pubblicata all’albo pretorio fino al successivo 20 novembre, e adottata ai sensi dell’art.comma 1 lett b) de CdS il Sindaco di Palermo disponeva la limitazione del traffico veicolare a tutti i veicoli , con eccezione degli euro 4, nella fascia oraria compresa tra le 08.00 e le 09.30 e tra le 18.30 e le 20.30 istituendo, al contempo, nella fascia oraria 09.30-18.30, per i soli giorni feriali dal lunedì al venerdì, la limitazione per targhe alterne per i veicoli con classe di omologazione euro 0,1,2,3.
Il provvedimento, adottato a tempo indeterminato , si fondava sulla necessità di ridurre la soglia dell’inquinamento atmosferico, come rilevata dalla relazione aggiornata dell’ufficio ambiente del Comune, muovendo dal presupposto che i veicoli euro 0,1,2,e 3 fossero i più inquinanti
Il divieto, si legge nell’ordinanza, ricadeva :nell’area interna ad un vasto tracciato viario perimetrale ( ex ztl):
“Piazza Giulio Cesare, corso Tukory, piazza San Francesco Saverio, via Forlanini, via Cadorna, via Mura di Porta Montalto, piazza Porta Montalto, corso Re Ruggero, piazza Indipendenza, corso Calatafimi, via Vittorio Emanuele, via Matteo Bonello, via Papireto, corso Alberto Amedeo, piazza Vittorio Emanuele Orlando, via Nicolò Turrisi, via Villa Filippina, piazza San Francesco di Paola (lato in prosecuzione di via Villa Filippina), piazza Amendola, via Paolo Paternostro, via Garzilli, via Dante, via Principe di Villafranca, via Mattarella,via Duca della Verdura, via Sampolo, piazza Don Bosco, piazza Leoni, viale del Fante, via Cassarà, via De Gasperi, via Empedocle Restivo, via Lazio, via Zappalà, via Liszt, piazza Armstrong, via Palagonia, piazza Malaspina, piazza Ottavio Ziino, via Serradifalco, piazza Principe di Camporeale, piazza Sacro Cuore, corso Finocchiaro Aprile a congiungersi con corso Alberto Amedeo, via Nicolò Turrisi, via Villa Filippina, piazza San Francesco di Paola (lato in prosecuzione di via Villa Filippina), piazza Amendola, via Paolo Paternostro, via Garzilli, via Dante, piazza Giachery, via Piano dell’Ucciardone, via Francesco Crispi, via Cala, via Foro Umberto I, via Lincoln e piazza Giulio Cesare,.
Orbene l’ordinanza impugnata deve, ritenersi illegittima per i seguenti motivi di :
DIRITTO
I)VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZION DELL’ART.7 COMMA 1 LETT.B) DEL C.D.S. ; VIOLAZIONE DEL’ART.97 COST; DIFETTO DEI PRESUPPOSTO E VIOLAIZONE DEL PROCEDIMENTO ; ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA’ E DIFETTO DI MOTIVAZIONE ; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA MINISTERIALE 7 LUGLIO 1998
a) Se è pur vero che l’art. 7 comma b) del d.lgs. n.285 del 30.4.1992 (nuovo codice della strada) consente al Sindaco di “ limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli per accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale” è, però, altrettanto vero che tale potere non può essere esercitato nella più assoluta discrezionalità ma soltanto nell’ambito di ben precisi confini e limiti posti dalla Legge.
Dalla semplice lettura dell’art. 7 si evince, infatti, chiaramente come il Sindaco possa adottare i suddetti provvedimenti restrittivi della circolazione “conformemente alle direttive impartite dal Ministro dei lavori pubblici, sentiti, per le rispettive competenze, il Ministro dell’ ambiente, il Ministro per i problemi delle aree urbane ed il Ministro per i beni culturali e ambientali”.
Tale procedimento è stato del tutto disatteso e il Sindaco adotta un provvedimento illegittimo per violazione dell’iter istruttorio e del procedimento, senza avere preventivamente sentito ed acquisito le direttive dei competenti Ministeri
Basterebbe questa carenza ad inficiare l’atto
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b)Peraltro il Ministro dei Lavori Pubblici il 7 Luglio 1998 ha adottato una direttiva , con efficacia vincolante, che ha disciplinato l’ambito entro il quale i primi cittadini possono emanare ordinanze restrittive della circolazione.
Si legge nella suddetta direttiva, all’ art. 1, che “I sindaci dei comuni inseriti nelle zone a rischio di episodi acuti di inquinamento individuate dalle regioni ai sensi dell’art. 9 del decreto del Ministro dell’ambiente 20 maggio 1991 possono vietare la circolazione, entro i centri abitati, agli autoveicoli che non sono in grado di attestare il contenimento delle emissioni inquinanti entro i limiti previsti dal decreto interministeriale emanato in data 5 febbraio 1996 da parte del Ministro dei trasporti e della navigazione di concerto con i Ministri dell’ambiente e della sanità in applicazione della direttiva comunitaria 92/55”.
Il successivo art. 5 precisa poi che “l’attestazione del rispetto dei limiti delle emissioni inquinanti degli autoveicoli ai fini del divieto della circolazione degli stessi deve essere effettuata mediante l’esibizione di un bollino autoadesivo di colore blu, valido su tutto il territorio nazionale, conforme all’allegato al decreto del Ministero dei trasporti e della navigazione 28 febbraio 1994, da applicare sul parabrezza dell’autoveicolo interessato e mediante il possesso di un apposito certificato dal quale si deducano la data del controllo, la targa del veicolo ed i valori delle emissioni inquinanti rilevate. Sullo stesso certificato possono essere annotati ulteriori dati (quali anno di immatricolazione, cilindrata, chilometraggio percorso, etc.) da utilizzare ai fini statistici”.
Del tutto illegittima, pertanto, l’ordinanza laddove vieta ai veicoli pre euro 4 di circolare liberamente nel territorio cittadino, discriminando gli stessi, altresì, in funzione del numero finale della targa, soprattutto allorquando siano rispettosi dei limiti delle emissioni inquinanti così come attestati dal c.d. bollino blu.
Il possesso o meno del suddetto attestato rappresenta, infatti, lo si ribadisce, è l’unico criterio allo stato acquisito e certo, in assenza dell’acquisizione delle direttove degli altri Ministeri interessati, ai sensi della’art.7 c.d.s. , che può utilizzare il Sindaco al fine dell’adozione di provvedimenti restrittivi della circolazione.
Al riguardo si ricorda che è stata la stessa Amministrazione Comunale, con il progetto “Autopulita” avviato nel 1994, a rendere obbligatorio, con l’O.S. n° 3803 del 25.11.1996 il controllo periodico dei gas di scarico dei veicoli circolanti in città.
Per Questo aspetto rileva altresì l’eccesso di potere ed il dìfetto di motivazione in quanto non risponde al vero che le categorie pre euro 4 siano quelle più inquinanti e quindi in nessun modo i limiti alla circolazione di queste auto, possono contribuire al contenimento ed alla riduzione dell’inquinamento .
Il provvedimento del Sindaco appare quindi del tutto inconferente ed atipico in quanto non è stata applicata la fattispecie di cui all’art.7 coma 1 lett b), che presupponeva ben altro iter
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II) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART 7 COMMA 1 LETT. B) C.D.S. ; DIFETTO DI MOITVAZIONE ED ILLOGICITA’ MANIFESTA
L’art. 7 lett b) del C.d.s prevede, che il Sindaco possa limitare la circolazione a “tutte o ad alcune categorie di veicoli”.
Considerato che l’esercizio del suddetto potere costituisce un limite alla libertà di circolazione dei cittadini, consacrata dall’art. 16 della Costituzione, risulta evidente che l’art. 7 del codice stradale è norma insuscettibile di interpretazione analogica o estensiva.
Occorre pertanto individuare con estrema precisione quale sia l’oggetto del potere conferito al Sindaco dalla norma de qua ed in presenza di quali presupposti il suo esercizio è legittimo.
Oggetto della limitazione della circolazione sono, all’evidenza, le “categorie” di veicoli.
Si tratta, quindi di capire cosa intenda il Legislatore allorquando parla di “categorie”.
E’ lo stesso codice della strada che all’art. 47 comma II detta la nozione di categoria distinguendo i veicoli in:
a) categoria L1 : veicoli a motore la cui cilindrata non supera i 50cc.
categoria L2: veicoli a tre ruote il cui motore abbia cilindrata non superiore a 50cc.
b) categoria M: veicoli a motore destinati al trasporto di persone
c) categoria N: veicoli a motore destinati al trasporto di merci
etc…
Il sostantivo “categoria” comprende concetti, cose o persone della medesima specie; la categoria, dunque, si individua in ragione della tipologia e destinazione d’uso del veicolo, e la stessa giurisprudenza utilizza il termine “categoria” nell’univoca accezione mentovata, quando afferma che la modifica delle caratteristiche tecniche di un ciclomotore, tale da consentirgli il superamento della velocità massima consentita di 45 km/h, comporta il passaggio alla superiore categoria dei motocicli (Cass. Civ. Sez.I, 7.12.2001 n. 15506).
Non vi è dubbio quindi che il Sindaco, per le motivate esigenze tassativamente indicate dall’art. 7 del codice stradale e nei limiti ivi previsti possa limitare la circolazione di “categorie” di veicoli – ad esempio – permettere la circolazione dei veicoli di categoria L1 (ciclomotori) e limitare quella dei veicoli di categoria N (destinati al trasporto merci), ma non impedire o limitare la circolazione di veicoli, appartenenti ad una stessa categoria, (es. categoria M, veicoli destinati al trasporto di persone) che differiscano tra loro solo per la classe di omologazione (euro 1, euro 2 etc.).
Oltretutto, le classi di omologazione non costituiscono “categorie”, poiché racchiudono grandezze disomogenee, aventi predicati diversi.
Peraltro, non risponde al vero che i veicoli omologati euro 4 inquinino tutti allo stesso modo, così come non è vero che un veicolo euro 4 inquini necessariamente meno di uno omologato euro 0.
Infatti, la quantità di inquinanti emessi da un motore è direttamente proporzionale al consumo di carburante che è, a sua volta, direttamente proporzionale alla cilindrata, alla potenza del motore ed al rapporto peso-potenza del veicolo.
E’ del tutto illogico ritenere, del resto, che un SUV omologato euro 4 (cui è attualmente permessa la circolazione senza alcun limite), con motore di oltre 3000 c.c., più di 150 cv di potenza e consumi in città nell’ordine dei 6 km/l inquini meno di una modesta utilitaria euro 1 oppure di un ciclomotore “vespa Piaggio” non catalizzato di cilindrata esigua ed esigua potenza (con consumi inferiori ai 33 km/l nel ciclo urbano), poiché è vero il contrario, come risulta dalla documentazione allegata al presente ricorso.
Sulla questione la giurisprudenza ha chiarito che deve ritenersi illegittima l’ordinanza sindacale di limitazione del traffico veicolare “tutte le volte che l’inclusione nel divieto di circolazione riguardi classi di veicoli di gran lunga meno incisiva sull’inquinamento e l’esclusione di quelle di gran lunga più incisiva !(TAR Toscana Firenze sez III 22/1/2007 n.56
Per quanto sopra risultano, in maniera macroscopica, immotivate le limitazioni alla circolazione fondate sulla classe di omologazione dei veicoli o in base al numero finale della targa e carenti i presupposti dell’esercizio del potere di cui all’art. 7 del codice stradale, con conseguente nullità della ordinanza sindacale impugnata
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III)VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ART. 7 E 36 C.D.S. ; CARENZA DEL PUT
Ancora una volta e dopo l’illegittima adozione delle ZTL il Sindaco adotta, senza averne i poteri un provvedimento atipico, di carattere generale ed a tempo indeterminato senza che siano state prima definite, con apposito Piano Urbano del Traffico le linee programmatiche della circolazione territoriale
In particolare i PUT , atti obbligatori, di competenza consiliare, ai sensi dell’art.36 comma 4 , “sono finalizzati ad ottenere il miglioramento delle condizioni di circolazione e di sicurezza , la riduzione degli inquinamenti acustico ed atmosferico ed il risparmio energetico in accordo con gli strumenti, urbanistici vigenti e con i piani di trasporto e nel rispetto dei valori ambientali stabilendo le priorità e i tempi di attuazione degli interventi : Il Piano urbano del traffico prevede il ricorso ad adeguati sistemi tecnologici su base informatica di regolamentazione e controllo del traffico nonché verifica del rallentamento della velocità, dissuasione alla sosta al fine di consentire modifiche ai flussi della circolazione stradale che si rendono necessari in relazione agli obiettivi da perseguire “
La redazione del piano , che deve essere aggiornato ogni due anni deve essere predisposta, ai sensi del comma 6, “nel rispetto delle direttive emanate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell’ambiente sulla base delle indicazioni formulate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto : Il Piano Urbano del traffico viene adeguato agli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale fissato dalla regione a sensi dell’art.3 comma 4 l.142/1990. “
Inoltre il comma 8 dell’art.36 recita : “ E’ istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l’albo degli esperti in materia di piani di traffico formato mediante concorso biennale per titoli. Il Bando di concorso è approvato con decreto del Ministero dei trasporti di concerto con il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica”
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Nella fattispecie manca l’obbligatorio Piano Urbano del Traffico e non è stato posto in essere nessuno degli adempimenti connessi con la necessaria adozione dello stesso
In una città come Palermo, che si caratterizza per il notorio superamento delle soglie di inquinamento consentito, del resto è impensabile ed inaudito che, di fronte ad una situazione di criticità ambientale, l’amministrazione comunale ed il Sindaco non ritengano di provvedere con la redazione di un organico strumento di programmazione, che tenga conto delle direttive ministeriali previste in materia, dalla legge, e non venga dotata la città , dopo anni dall’entrata in vigore della legge, dell’obbligatorio PUT, che garantisca anche i numerosi profili di libertà della circolazione e della programmazione economico sociale indispensabile per non arrecare, con provvedimenti parcellizzati danni all’economia locale
Ne consegue, per il caso che qui interessa, l’assoluta illegittimità di scelte Sindacali del tutto disancorate dalla programmazione territoriale inidonee a garantire il perseguimento degli obiettivi, proprio per le rilevate carenze
In nessuna sede e da nessun soggetto esperto, infatti, è stato mai analizzato ed organizzato il territorio cittadino
Da qui l’assoluta invalidità di un provvedimento che in quanto privo di regolare e valido iter istruttorio, sprovvisto dei presupposti normativi, totalmente disancorato da ogni analisi tecnica e dalla conoscenza specifica della realtà cittadina, è conseguentemente del tutto privo di ogni plausibile motivazione che giustifichi le scelte operate arbitrariamente e con grave eccesso di potere, dal Sindaco
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Sul punto giova ricordare che se l’adozione di provvedimenti extra ordine ai sensi dell’art.7 lett. b) , è del sindaco ( oggi del dirigente pro-tempore) , in conformità con i principi del PUT,
la programmazione e la pianificazione territoriale e l’adozione del PUT è atto di esclusiva competenza consiliare ,ai sensi dell’art32 della L.142/1990 e succ mod ed integr, come del resto recepita in Sicilia con l.r.48/1991 e succ mod ed integr.
Anche per questo aspetto rileva l’assoluta infondatezza delle scelte unilateralmente adottate dal Sindaco, che ha ritenuto di poter prescindere dai poteri di programmazione del Consiglio Comunale cittadino ed ha adottato un provvedimento di carattere generale e permanente, che si estende a buona parte del territorio cittadino , con ciò sostituendosi di fatto ad un potere organizzatorio del territorio, disciplinato dall’art,36 del C.d.S., che prevede ben altri strumenti e procedure
Invero l’attribuzione al C.C. della materia ha una rilevanza sostanziale in quanto solo questo organo consente l’ampio ed informato dibattito su questioni di grande rilevanza per il cittadino e per le economie locali e pertanto non si può legittimamente prescindere dalla predetta competenza e sostituirsi con improvvisate ordinanze , allo stesso CC
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IV)VIOALZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL C.D.S; VIOLAZIONE DEGLI ART..16 E 97 COST
Il potere di ordinanza sindacale ex art.7 ( oggi dirigenziale) che riguarda la circolazione dentro i centri abitati deve essere letto ed interpretato alla luce non solo dell’art.36, dal quale deve necessariamente distinguersi –(mentre l’ordinanza impugnata ne presenta alcune caratteristiche : la generalità, il tempo indeterminato, l’individuazione di una vasta area cittadina); ma deve essere analizzato anche alla luce dei contenuti dell’analogo art.6 che riguarda la circolazione fuori dai centri abitati
Secondo l’art,6 conformemente alle direttive del Ministero il prefetto può sospendere temporaneamente la circolazione di tutte o di alcune categorie di utenti sulle strade o si parti delle strade
Si tratta quindi di un potere straordinario esercitato in presenza di particolari presupposti
Di uguale natura deve ritenersi il potere del sindaco, di adottare determinate misure di limitazione della circolazione , ma solo temporaneamente , e per accertate e motivate esigenze di prevenzione, all’interno del centro abitato.
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In altre parole, nel sistema del cds esiste un potere derogatorio eccezionale del Sindaco , per esigenze straordinarie e per periodi limitati di tempo (art.7 lett,b) , all’interno dei centri urbani, secondo le direttive dei Ministeri competenti ed un potere generale del Consiglio Comunale, di programmazione e di individuazione degli strumenti di riduzione o eliminazione dell’inquinamento (art.36), al quale invece il Sindaco sembra si sia voluto, ancora una volta, sostituire
Ugualmente poteri di disciplina generale possono essere esercitati , casomai dalla Giunta
Chiara del resto la giurisprudenza che ha affermato i seguenti principi : Ben può l’amministrazione nell’avvalersi dei poteri di disciplina generale di cui all’art.7 comma 9 d.lg. 285/1992 imporre specifici divieti in una visione di insieme del problema traffico relativamente a determinate zone, essendo il rimedio del precedente comma 1 lett b) piuttosto destinato a fronteggiare problematiche di disciplina del traffico di carattere maggiormente estemporaneo e per esclusive esigenze di prevenzione dell’inquinamento e di tutela del patrimonio storico naturale e ambientale “ (TAR Campania Napoli sez I 28/2/2005 n.1323
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Ed ancora l’amministrazione nel caso di limitazioni al traffico veicolare deve comtemperare l’interesse alla salvaguardia dei centri urbani dall’afflusso veicolare indiscriminato , con il diritto di spostamento riconosciuto dall’art,16 Cost. ; tale contemperamento tuttavia non sussiste allorché le restrittive misure adottate da un Comune limitano o impediscano la circolazione verso altri comuni limitrofi.(TAR Campania sez I 15/2/2005 n.1325
Il diritto alla libera circolazione , per come è strutturato e per l’ampia portata del provvedimento appare del tutto disatteso
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Inoltre :E’ illegittima l’ordinanza sindacale che disponga limitazioni di sosta ed alla circolazione in una zona del centro cittadino sulla base di una documentazione incongrua e che non tenga conto oltre che dell’interesse pubblico anche delle esigenze dei privati (CdS sez V 28/12/1994 n.1619)
E’ indubbio che gli interessi e le esigenze dei cittadini sono stati del tutto disattesi
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V) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE; DIFETTO DI MOTIVAZIONE ; DIFETTO DEI PRESUPPOSTI, DIFETTO DI ISTRUTTORIA ;ILLOGICITA’ MANIFESTA
L’Ordinanza viene motivata dalla presenza nell’aria di sostanze inquinanti ( in particolare PM10) pericolosa sia per l’ambiente che per la salute pubblica la cui responsabilità viene attribuita, senza alcuno studio che provi il reale rapporto di causa-effetto, all’emissione dei veicoli a motore ad accensione comandata e ad accensione spontanea.
Tale affermazione appare, però apodittica e del tutto priva del necessario conforto scientifico .
La controversa Ordinanza Sindacale, nell’estendere le limitazioni ed i divieti ad una area vastissima, che non si limita al solo centro antico cittadino, non solo risulta gravemente vessatoria per i cittadini, con tutti i connessi disagi ed i danni arrecati, ma soprattutto contribuisce ad aumentare sensibilmente l’inquinamento atmosferico, a causa del concentrarsi di un numero elevatissimo di veicoli in una ristretta area, quella all’esterno del perimetro che circoscrive le limitazioni. Come si evince proprio dalle valutazioni sui rilevamenti delle emissioni di PM10 espresse nella relazione redatta dal Servizio Ambiente ed Ecologia, sulle cui premesse si fonda il provvedimento del Sindaco, le più alte concentrazioni di inquinanti nell’atmosfera sono state rilevate proprio dalle centraline poste all’esterno dell’area in oggetto. L’esempio più eclatante è costituito dai rilevamenti effettuati nella postazione di via Di Blasi, che da anni, ormai, è la zona che risulta più gravemente compromessa dall’inquinamento.
Ma a prescindere dalle superiori considerazioni non vi è nella relazione tecnica allegata alla relazione un sola considerazione scientifica che provi il rapporto causa – effetto tra traffico veicolare e le concentrazioni di pm10.
Semmai vi è la prova dell’esatto contrario.
Nella suddetta relazione, dopo una premessa comparativa sui valori di pm10 registratisi tra il 2005 ed il 2008, si legge infatti che “i valori mostrano un leggero miglioramento nell’ultimo anno per quanto riguarda il numero di superamenti ed una situazione pressochè stabile con riferimento al valore della concentrazione media annuale del pm10, con valori superiori, comunque a 45 microgrammi per metro cubo. Ciò però non corrisponde al sensibile miglioramento del parco veicolare della città di Palermo avvenuto negli ultimi anni.”
Ora, se la stessa Amministrazione è consapevole che al miglioramento del parco veicolare non è corrisposta una diminuizione delle concentrazioni da pm10 non si comprende perchè continui a concentrare le sue attenzioni sul traffico cittadino piuttosto che ricercare altrove le cause di inquinamento da pm10.
In un rapporto del novembre 2008 sulla qualità dell’aria redatto dal comitato di redazione del bollettino dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Palermo (che si produce) si legge nell’ultima pagina “ E’ inutile limitare la circolazione delle autovetture a benzina perchè non producono particolato. E’ trascurabile il contributo nella produzione di particolato delle sole autovetture diesel se confrontato con le rilevantissime quantità prodotte dall’attività del porto, del riscaldamento domestico e dalla vetusta rete del servizio pubblico cittadino”. Infine, lo stesso rapporto evidenzia non solo come la causa principale di superamento dei valori limite di pm10 sia più frequentemente di origine naturale (venti di scirocco e vicinanza col mare) ma mette, inoltre, in dubbio la validità scientifica delle relative misurazioni evidenziando come la posizione di talune centraline “non sia adatta alla misurazione del particolato che richiede la captazione dell’aria non falsata dalla presenza di elementi locali (come le alberature) che determinano, specie nelle giornate di vento, un micro-clima fortemente contaminato da microparticelle vegetali, polveri sottili depositate sulle foglie e spore”.
Il provvedimento adottato appare, inoltre, abnorme nella sua portata se è vero che soltanto una delle dieci centraline (quella di Piazza Giulio Cesare) ha sforato il limite previsto dalla vigente normativa.
E’, allora, davvero incomprensibile per quale motivo l’Amministrazione Comunale non si sia limitata ad adottare un intervento limitativo della circolazione solo nella zona interessata dallo sforamento.( ZONA CHE INVERO NE VIENE SOSTANZIALMENTE ESCLUSA)
Da qui l’assoluta invalidità di un provvedimento che in quanto privo di regolare e valido iter istruttorio, sprovvisto dei presupposti normativi, totalmente disancorato da ogni analisi tecnica e dalla conoscenza specifica della realtà cittadina, del tutto privo di ogni plausibile motivazione che giustifichi le scelte operate arbitrariamente e con grave eccesso di potere, dal Sindaco non essendo state, peraltro, provate le “accertate e motivate” esigenze richieste ai fini dell’applicazione dei provvedimenti di cui all’art. 7 c.d.s.
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VI) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL DM 21 APRILE 1999 N.163; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL DLVO 351/1999 artt. 11, 38, 39; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA DIR.COM 96/62/CE; VIOLAZIONE DELL’ART.97 COST; ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE ED ILLOGICITA’ MANIFESTA , DIFETTO DI COMPETENZA ; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.M. N.60/2002
1.Il DM 163/199 fissa i criteri ambientali e sanitari in base ai quali i sindaci adottano misure di limitazione della circolazione
In particolare secondo l’art.1 il Sindaco dei comuni nei quali sussiste il superamento dei valori limite e delle soglie d’allarme adotta sulla base dei piani e dei programmi di cui agli art. 7 e 8 del D.vo 351/1999 le misure di limitazione della circolazione di cui all’art 7 comma 1 lett a) e b)
Il citato D.Lvo 351 del 4 agosto 1999 di attuazione della direttiva comunitaria 96/62/CE , contiene norma in materia di valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente.
Secondo l’art. 39 del predetto decreto “i sindaci dei comuni appartenenti agli agglomerati ed alle zone di cui agli artt. 7 e 8 del decreto legislativo n° 351/99, in cui sussiste il superamento ovvero il rischi di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme previste dalla vigente normativa, adottano, sulla base dei piani e dei programmi di cui ai medesimi articoli, le misure di limitazione della circolazione di cui all’art. 7 comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo 30 aprlie 1992 n° 285….”.
Più precisamente è competenza delle regioni 1) individuare le zone e gli agglomerati a rischio inquinamento; 2) effettuare la valutazione della qualità dell’aria ambiente, con metodologie e criteri predeterminati normativamente; 3) procedere con l’adozione di piani d’azione contenenti le misure da adottare, nel breve periodo, affinché sia ridotto il rischio di superamento dei valori limite e delle soglie d’allarme.
Sono, dunque, i predetti piani che eventualmente dispongono la sospensione mirata del traffico veicolare laddove sia stato accertato che contribuisca al superamento dei valori limite ( art.7)
Inoltre le regioni approvano piani e programmi resi ostensibili ai cittadini contenenti tutte le informazioni, sia sulla qualità dell’aria ambiente, sia sulle misure che si intendono adottare, ai quali gli enti locali devono adeguarsi e rispetto ai quali devono comunque coordinare la loro azione.
Orbene nella fattispecie non è stata né richiamata né attuata né osservata nessuna delle predette procedure , e nessun rapporto è intercorso tra programmazione statale e regionale e provvedimento sindacale che appare quindi del tutto decontestualizzato , immotivato ed inadeguato rispetto agli obiettivi, ai criteri ed alle modalità indicate dall’UE , sprovvisto e non supportato da una preliminare analisi ambientale in relazione alla quale, logicamente e tecnicamente, proporre delle soluzioni.
In altre parole le soluzioni predisposte dal sindaco non trovano riscontro nelle indagini ambientali, nelle misurazioni e nei controlli effettuati a livello regionale e nazionale, e non rappresentano la risposta agli accertamenti ed alle valutazioni che in quelle sedi dovevano essere preliminarmente effettuati. Non si comprende, quindi, a quali esigenze specifiche ed effettive, a quali specifici rilevamenti tecnico-scentifici l’ordinanza faccia riferimento ed in che modo la stessa possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi indicati nel D.Lv 351/1999.
2. Viene, peraltro, nella fattispecie, violato il principio della trasparenza amministrativa.
L’art. 11 del d.lgs.vo 351/99 prescrive che “Lo stato, le regioni, le province, i comuni, gli altri enti locali garantiscono ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, che informazioni aggiornate sulla qualità dell’aria ambiente relativamente agli inquinanti normati ai sensi dell’art. 4 comma 1 e 2 siano messe regolarmente a disposizione del pubblico nonché degli organismi interessati. Le informazioni, di cui al comma 1, devono essere chiare, comprensibili ed accessibili”.
Senonchè i dati in questione sono diffusi solo su internet (sul sito palermoweb.com) che, di certo, non può considerarsi un mezzo sufficiente ed adeguato per rendere accessibili alla generalità dei cittadini le informazioni prescritte dalla Legge.
Per questi aspetti rileva quindi il difetto del procedimento, la carenza dei presupposti e conseguentemente l’assenza di ogni valida motivazione , l’illogicità del provvedimento e la violazione di legge.
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VII) DIFETTO DI COMPETENZA VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 107, d. lgs. 267 del 2000; VIOLAZIONE DEGLI ART.16 E 97 COST
L’ordinanza sindacale in epigrafe è stata emanata nell’esercizio del potere di cui all’art. 7, comma 1 lett. b) del d. lgs. N. 285 del 1992, secondo cui il sindaco può limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli per accertate ae motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale.
Senonchè la competenza ad adottare i suddetti provvedimenti è stata modificata dall’art. 107, d. lgs. 267 del 2000, secondo cui spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione di atti e provvedimenti, che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla Legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108 Cost..
Chiara in tal senso la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che “ ai sensi del combinato disposto di cui all’articolo 107 commi 2 e 5 del d.lgs. n. 267/2000 rientra nelle attribuzioni del dirigente e non del sindaco l’adozione del provvedimento che istituendo un divieto di transito su una determinata via cittadina attiene alla disciplina della circolazione stradale a nulla rilevando che l’art.7 d.lg. 285/1992 attribuisse specificatamente al competenza al sindaco (T.A.R. Veneto Sez. I, 21/12/2005 n.4361 e numerose altre).
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L’illegittimità rileva anche sotto altri profili:
Il contemperamento degli interessi tra le opposte esigenze di disincentivare l’afflusso veicolare a determinate zone del territorio di un Comune e la costituzionalmente garantita libertà di circolazione trova il suo punto di equilibrio nella rigorosa applicazione del principio di competenza; principio che comporta non solo la – ovvia -impossibilità che tale disciplina possa avere ad oggetto aree estranee al territorio comunale, ma anche l’illegittimità di qualsiasi disciplina del proprio territorio che incida negativamente sul diritto di spostarsi liberamente ed in particolare di accedere ai territori di altri Comuni.
T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 28 febbraio 2005, n. 1323
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VIII) VIOLAZIONE DELLA’ART.97 COST ; ILLOGICITA’ MANIFESTA E SPROPORZIONE
Il provvedimento appare altresì illogico in quanto unisce due diverse componenti che di fatto impediscono totalmente la libera circolazione, in tutti i giorni e per tutte le categorie ( con la sola illogica eccezione del classi euro 4); infatti nel momento in cui per tutte le categorie si vieta l’accesso o il transito in determinate fasce orarie, salvo poi a consentirlo a targhe alterne, in altre fasce orarie della medesima giornata, si impedisce in toto la circolazione, ( salvo a non invitare il cittadino ad abbandonare, in un qualsiasi punto in cui ci si trovi, allo scattare dell’ora di divieto, la propria auto) senza che questo sistema alternato, riduca significativamente l’inquinamento ( che peraltro deriva per lo più da altre fonti) ed in relazione al quale andrebbero studiati altri correttivi
In altre parole, come recentissime analisi degli effetti dell’ordinanza hanno dimostrato, si registra una sproporzione tra i divieti , i disagi e i limiti alla libertà personale ed i danni all’economia locale e i risultati fino ad oggi conseguiti , sproporzione che determina anche sotto questo profilo, l’illegittimità del provvedimento
SULL’ISTANZA DI SOSPENSIONE
Il fumus boni iuris è stato ampiamente dimostrato
Ma sussiste altresì il danno grave ed irreparabile per i ricorrenti che appartengono, come si desume dai documenti anagrafici prodotti sia alle categorie dei residenti, che dei non residenti, e che adiscono il TARS anche in quanto non sono in possesso di mezzi idonei al transito.
A causa della notoria inefficienza dei mezzi di trasporto collettivo gli stessi si vedono privati della possibilità di muoversi liberamente dalla propria abitazione o raggiungere il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa. Non tutti infatti hanno la possibilità di acquistare, o di acquistarla in tempi brevi, una nuova vettura che risponda ai requisiti prescritti dai provvedimenti impugnati .
Di contra il Comune non ha approntato nessuna delle misure idonee ad assicurare comunque il transito all’interno e l’accesso alla zona vietata al traffico cittadino non essendo stato approvato alcun piano del traffico e di sviluppo e riorganizzazione dei mezzi di trasporto pubblico e non essendo stati creati ed attrezzati per tali finalità mezzi di trasporto collettivo e sostitutivo
Per i ricorrenti quindi non sussiste alcuna possibilità di circolare liberamente .
Ugualmente duplice è il danno , personale e come soggetto economico, per i ricorrenti che svolgono anche attività lavorative all’interno del vasto perimetro; intanto si ridurranno drasticamente i rapporti con i soggetti non residenti o non domiciliati, che, nel caso di impossibilità di accedere e transitare in assenza di mezzi e servizi pubblici adeguati allo scopo, si rivolgeranno ad altre realtà locali.
Gli stessi poi , non avendo capacità economiche tali da poter sostituire tutti i propri e necessari mezzi di trasporto, utilizzati per le attività di impresa, dovranno necessariamente ridurre la propria attività lavorativa .
Proprio sul punto la giurisprudenza ha chiarito che “è illegittima l’ordinanza sindacale che disponga la limitazione di veicoli nel centro storico cittadino per ragioni di prevenzione dell’inquinamento nella parte in cui non prevede un idoneo sistema rivolto a tutelare le esigenze di chi svolga la propria attività lavorativa all’interno di zone a traffico limitato ( C.d.S. sez V 3/5/1995 n.673)
a) Se è pur vero che l’art. 7 comma b) del d.lgs. n.285 del 30.4.1992 (nuovo codice della strada) consente al Sindaco di “ limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli per accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale” è, però, altrettanto vero che tale potere non può essere esercitato nella più assoluta discrezionalità ma soltanto nell’ambito di ben precisi confini e limiti posti dalla Legge.
Dalla semplice lettura dell’art. 7 si evince, infatti, chiaramente come il Sindaco possa adottare i suddetti provvedimenti restrittivi della circolazione “conformemente alle direttive impartite dal Ministro dei lavori pubblici, sentiti, per le rispettive competenze, il Ministro dell’ ambiente, il Ministro per i problemi delle aree urbane ed il Ministro per i beni culturali e ambientali”.
Tale procedimento è stato del tutto disatteso e il Sindaco adotta un provvedimento illegittimo per violazione dell’iter istruttorio e del procedimento, senza avere preventivamente sentito ed acquisito le direttive dei competenti Ministeri
Basterebbe questa carenza ad inficiare l’atto
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b)Peraltro il Ministro dei Lavori Pubblici il 7 Luglio 1998 ha adottato una direttiva , con efficacia vincolante, che ha disciplinato l’ambito entro il quale i primi cittadini possono emanare ordinanze restrittive della circolazione.
Si legge nella suddetta direttiva, all’ art. 1, che “I sindaci dei comuni inseriti nelle zone a rischio di episodi acuti di inquinamento individuate dalle regioni ai sensi dell’art. 9 del decreto del Ministro dell’ambiente 20 maggio 1991 possono vietare la circolazione, entro i centri abitati, agli autoveicoli che non sono in grado di attestare il contenimento delle emissioni inquinanti entro i limiti previsti dal decreto interministeriale emanato in data 5 febbraio 1996 da parte del Ministro dei trasporti e della navigazione di concerto con i Ministri dell’ambiente e della sanità in applicazione della direttiva comunitaria 92/55”.
Il successivo art. 5 precisa poi che “l’attestazione del rispetto dei limiti delle emissioni inquinanti degli autoveicoli ai fini del divieto della circolazione degli stessi deve essere effettuata mediante l’esibizione di un bollino autoadesivo di colore blu, valido su tutto il territorio nazionale, conforme all’allegato al decreto del Ministero dei trasporti e della navigazione 28 febbraio 1994, da applicare sul parabrezza dell’autoveicolo interessato e mediante il possesso di un apposito certificato dal quale si deducano la data del controllo, la targa del veicolo ed i valori delle emissioni inquinanti rilevate. Sullo stesso certificato possono essere annotati ulteriori dati (quali anno di immatricolazione, cilindrata, chilometraggio percorso, etc.) da utilizzare ai fini statistici”.
Del tutto illegittima, pertanto, l’ordinanza laddove vieta ai veicoli pre euro 4 di circolare liberamente nel territorio cittadino, discriminando gli stessi, altresì, in funzione del numero finale della targa, soprattutto allorquando siano rispettosi dei limiti delle emissioni inquinanti così come attestati dal c.d. bollino blu.
Il possesso o meno del suddetto attestato rappresenta, infatti, lo si ribadisce, è l’unico criterio allo stato acquisito e certo, in assenza dell’acquisizione delle direttove degli altri Ministeri interessati, ai sensi della’art.7 c.d.s. , che può utilizzare il Sindaco al fine dell’adozione di provvedimenti restrittivi della circolazione.
Al riguardo si ricorda che è stata la stessa Amministrazione Comunale, con il progetto “Autopulita” avviato nel 1994, a rendere obbligatorio, con l’O.S. n° 3803 del 25.11.1996 il controllo periodico dei gas di scarico dei veicoli circolanti in città.
Per Questo aspetto rileva altresì l’eccesso di potere ed il dìfetto di motivazione in quanto non risponde al vero che le categorie pre euro 4 siano quelle più inquinanti e quindi in nessun modo i limiti alla circolazione di queste auto, possono contribuire al contenimento ed alla riduzione dell’inquinamento .
Il provvedimento del Sindaco appare quindi del tutto inconferente ed atipico in quanto non è stata applicata la fattispecie di cui all’art.7 coma 1 lett b), che presupponeva ben altro iter
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II) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART 7 COMMA 1 LETT. B) C.D.S. ; DIFETTO DI MOITVAZIONE ED ILLOGICITA’ MANIFESTA
L’art. 7 lett b) del C.d.s prevede, che il Sindaco possa limitare la circolazione a “tutte o ad alcune categorie di veicoli”.
Considerato che l’esercizio del suddetto potere costituisce un limite alla libertà di circolazione dei cittadini, consacrata dall’art. 16 della Costituzione, risulta evidente che l’art. 7 del codice stradale è norma insuscettibile di interpretazione analogica o estensiva.
Occorre pertanto individuare con estrema precisione quale sia l’oggetto del potere conferito al Sindaco dalla norma de qua ed in presenza di quali presupposti il suo esercizio è legittimo.
Oggetto della limitazione della circolazione sono, all’evidenza, le “categorie” di veicoli.
Si tratta, quindi di capire cosa intenda il Legislatore allorquando parla di “categorie”.
E’ lo stesso codice della strada che all’art. 47 comma II detta la nozione di categoria distinguendo i veicoli in:
a) categoria L1 : veicoli a motore la cui cilindrata non supera i 50cc.
categoria L2: veicoli a tre ruote il cui motore abbia cilindrata non superiore a 50cc.
b) categoria M: veicoli a motore destinati al trasporto di persone
c) categoria N: veicoli a motore destinati al trasporto di merci
etc…
Il sostantivo “categoria” comprende concetti, cose o persone della medesima specie; la categoria, dunque, si individua in ragione della tipologia e destinazione d’uso del veicolo, e la stessa giurisprudenza utilizza il termine “categoria” nell’univoca accezione mentovata, quando afferma che la modifica delle caratteristiche tecniche di un ciclomotore, tale da consentirgli il superamento della velocità massima consentita di 45 km/h, comporta il passaggio alla superiore categoria dei motocicli (Cass. Civ. Sez.I, 7.12.2001 n. 15506).
Non vi è dubbio quindi che il Sindaco, per le motivate esigenze tassativamente indicate dall’art. 7 del codice stradale e nei limiti ivi previsti possa limitare la circolazione di “categorie” di veicoli – ad esempio – permettere la circolazione dei veicoli di categoria L1 (ciclomotori) e limitare quella dei veicoli di categoria N (destinati al trasporto merci), ma non impedire o limitare la circolazione di veicoli, appartenenti ad una stessa categoria, (es. categoria M, veicoli destinati al trasporto di persone) che differiscano tra loro solo per la classe di omologazione (euro 1, euro 2 etc.).
Oltretutto, le classi di omologazione non costituiscono “categorie”, poiché racchiudono grandezze disomogenee, aventi predicati diversi.
Peraltro, non risponde al vero che i veicoli omologati euro 4 inquinino tutti allo stesso modo, così come non è vero che un veicolo euro 4 inquini necessariamente meno di uno omologato euro 0.
Infatti, la quantità di inquinanti emessi da un motore è direttamente proporzionale al consumo di carburante che è, a sua volta, direttamente proporzionale alla cilindrata, alla potenza del motore ed al rapporto peso-potenza del veicolo.
E’ del tutto illogico ritenere, del resto, che un SUV omologato euro 4 (cui è attualmente permessa la circolazione senza alcun limite), con motore di oltre 3000 c.c., più di 150 cv di potenza e consumi in città nell’ordine dei 6 km/l inquini meno di una modesta utilitaria euro 1 oppure di un ciclomotore “vespa Piaggio” non catalizzato di cilindrata esigua ed esigua potenza (con consumi inferiori ai 33 km/l nel ciclo urbano), poiché è vero il contrario, come risulta dalla documentazione allegata al presente ricorso.
Sulla questione la giurisprudenza ha chiarito che deve ritenersi illegittima l’ordinanza sindacale di limitazione del traffico veicolare “tutte le volte che l’inclusione nel divieto di circolazione riguardi classi di veicoli di gran lunga meno incisiva sull’inquinamento e l’esclusione di quelle di gran lunga più incisiva !(TAR Toscana Firenze sez III 22/1/2007 n.56
Per quanto sopra risultano, in maniera macroscopica, immotivate le limitazioni alla circolazione fondate sulla classe di omologazione dei veicoli o in base al numero finale della targa e carenti i presupposti dell’esercizio del potere di cui all’art. 7 del codice stradale, con conseguente nullità della ordinanza sindacale impugnata
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III)VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ART. 7 E 36 C.D.S. ; CARENZA DEL PUT
Ancora una volta e dopo l’illegittima adozione delle ZTL il Sindaco adotta, senza averne i poteri un provvedimento atipico, di carattere generale ed a tempo indeterminato senza che siano state prima definite, con apposito Piano Urbano del Traffico le linee programmatiche della circolazione territoriale
In particolare i PUT , atti obbligatori, di competenza consiliare, ai sensi dell’art.36 comma 4 , “sono finalizzati ad ottenere il miglioramento delle condizioni di circolazione e di sicurezza , la riduzione degli inquinamenti acustico ed atmosferico ed il risparmio energetico in accordo con gli strumenti, urbanistici vigenti e con i piani di trasporto e nel rispetto dei valori ambientali stabilendo le priorità e i tempi di attuazione degli interventi : Il Piano urbano del traffico prevede il ricorso ad adeguati sistemi tecnologici su base informatica di regolamentazione e controllo del traffico nonché verifica del rallentamento della velocità, dissuasione alla sosta al fine di consentire modifiche ai flussi della circolazione stradale che si rendono necessari in relazione agli obiettivi da perseguire “
La redazione del piano , che deve essere aggiornato ogni due anni deve essere predisposta, ai sensi del comma 6, “nel rispetto delle direttive emanate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell’ambiente sulla base delle indicazioni formulate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto : Il Piano Urbano del traffico viene adeguato agli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale fissato dalla regione a sensi dell’art.3 comma 4 l.142/1990. “
Inoltre il comma 8 dell’art.36 recita : “ E’ istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l’albo degli esperti in materia di piani di traffico formato mediante concorso biennale per titoli. Il Bando di concorso è approvato con decreto del Ministero dei trasporti di concerto con il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica”
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Nella fattispecie manca l’obbligatorio Piano Urbano del Traffico e non è stato posto in essere nessuno degli adempimenti connessi con la necessaria adozione dello stesso
In una città come Palermo, che si caratterizza per il notorio superamento delle soglie di inquinamento consentito, del resto è impensabile ed inaudito che, di fronte ad una situazione di criticità ambientale, l’amministrazione comunale ed il Sindaco non ritengano di provvedere con la redazione di un organico strumento di programmazione, che tenga conto delle direttive ministeriali previste in materia, dalla legge, e non venga dotata la città , dopo anni dall’entrata in vigore della legge, dell’obbligatorio PUT, che garantisca anche i numerosi profili di libertà della circolazione e della programmazione economico sociale indispensabile per non arrecare, con provvedimenti parcellizzati danni all’economia locale
Ne consegue, per il caso che qui interessa, l’assoluta illegittimità di scelte Sindacali del tutto disancorate dalla programmazione territoriale inidonee a garantire il perseguimento degli obiettivi, proprio per le rilevate carenze
In nessuna sede e da nessun soggetto esperto, infatti, è stato mai analizzato ed organizzato il territorio cittadino
Da qui l’assoluta invalidità di un provvedimento che in quanto privo di regolare e valido iter istruttorio, sprovvisto dei presupposti normativi, totalmente disancorato da ogni analisi tecnica e dalla conoscenza specifica della realtà cittadina, è conseguentemente del tutto privo di ogni plausibile motivazione che giustifichi le scelte operate arbitrariamente e con grave eccesso di potere, dal Sindaco
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Sul punto giova ricordare che se l’adozione di provvedimenti extra ordine ai sensi dell’art.7 lett. b) , è del sindaco ( oggi del dirigente pro-tempore) , in conformità con i principi del PUT,
la programmazione e la pianificazione territoriale e l’adozione del PUT è atto di esclusiva competenza consiliare ,ai sensi dell’art32 della L.142/1990 e succ mod ed integr, come del resto recepita in Sicilia con l.r.48/1991 e succ mod ed integr.
Anche per questo aspetto rileva l’assoluta infondatezza delle scelte unilateralmente adottate dal Sindaco, che ha ritenuto di poter prescindere dai poteri di programmazione del Consiglio Comunale cittadino ed ha adottato un provvedimento di carattere generale e permanente, che si estende a buona parte del territorio cittadino , con ciò sostituendosi di fatto ad un potere organizzatorio del territorio, disciplinato dall’art,36 del C.d.S., che prevede ben altri strumenti e procedure
Invero l’attribuzione al C.C. della materia ha una rilevanza sostanziale in quanto solo questo organo consente l’ampio ed informato dibattito su questioni di grande rilevanza per il cittadino e per le economie locali e pertanto non si può legittimamente prescindere dalla predetta competenza e sostituirsi con improvvisate ordinanze , allo stesso CC
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IV)VIOALZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL C.D.S; VIOLAZIONE DEGLI ART..16 E 97 COST
Il potere di ordinanza sindacale ex art.7 ( oggi dirigenziale) che riguarda la circolazione dentro i centri abitati deve essere letto ed interpretato alla luce non solo dell’art.36, dal quale deve necessariamente distinguersi –(mentre l’ordinanza impugnata ne presenta alcune caratteristiche : la generalità, il tempo indeterminato, l’individuazione di una vasta area cittadina); ma deve essere analizzato anche alla luce dei contenuti dell’analogo art.6 che riguarda la circolazione fuori dai centri abitati
Secondo l’art,6 conformemente alle direttive del Ministero il prefetto può sospendere temporaneamente la circolazione di tutte o di alcune categorie di utenti sulle strade o si parti delle strade
Si tratta quindi di un potere straordinario esercitato in presenza di particolari presupposti
Di uguale natura deve ritenersi il potere del sindaco, di adottare determinate misure di limitazione della circolazione , ma solo temporaneamente , e per accertate e motivate esigenze di prevenzione, all’interno del centro abitato.
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In altre parole, nel sistema del cds esiste un potere derogatorio eccezionale del Sindaco , per esigenze straordinarie e per periodi limitati di tempo (art.7 lett,b) , all’interno dei centri urbani, secondo le direttive dei Ministeri competenti ed un potere generale del Consiglio Comunale, di programmazione e di individuazione degli strumenti di riduzione o eliminazione dell’inquinamento (art.36), al quale invece il Sindaco sembra si sia voluto, ancora una volta, sostituire
Ugualmente poteri di disciplina generale possono essere esercitati , casomai dalla Giunta
Chiara del resto la giurisprudenza che ha affermato i seguenti principi : Ben può l’amministrazione nell’avvalersi dei poteri di disciplina generale di cui all’art.7 comma 9 d.lg. 285/1992 imporre specifici divieti in una visione di insieme del problema traffico relativamente a determinate zone, essendo il rimedio del precedente comma 1 lett b) piuttosto destinato a fronteggiare problematiche di disciplina del traffico di carattere maggiormente estemporaneo e per esclusive esigenze di prevenzione dell’inquinamento e di tutela del patrimonio storico naturale e ambientale “ (TAR Campania Napoli sez I 28/2/2005 n.1323
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Ed ancora l’amministrazione nel caso di limitazioni al traffico veicolare deve comtemperare l’interesse alla salvaguardia dei centri urbani dall’afflusso veicolare indiscriminato , con il diritto di spostamento riconosciuto dall’art,16 Cost. ; tale contemperamento tuttavia non sussiste allorché le restrittive misure adottate da un Comune limitano o impediscano la circolazione verso altri comuni limitrofi.(TAR Campania sez I 15/2/2005 n.1325
Il diritto alla libera circolazione , per come è strutturato e per l’ampia portata del provvedimento appare del tutto disatteso
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Inoltre :E’ illegittima l’ordinanza sindacale che disponga limitazioni di sosta ed alla circolazione in una zona del centro cittadino sulla base di una documentazione incongrua e che non tenga conto oltre che dell’interesse pubblico anche delle esigenze dei privati (CdS sez V 28/12/1994 n.1619)
E’ indubbio che gli interessi e le esigenze dei cittadini sono stati del tutto disattesi
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V) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE; DIFETTO DI MOTIVAZIONE ; DIFETTO DEI PRESUPPOSTI, DIFETTO DI ISTRUTTORIA ;ILLOGICITA’ MANIFESTA
L’Ordinanza viene motivata dalla presenza nell’aria di sostanze inquinanti ( in particolare PM10) pericolosa sia per l’ambiente che per la salute pubblica la cui responsabilità viene attribuita, senza alcuno studio che provi il reale rapporto di causa-effetto, all’emissione dei veicoli a motore ad accensione comandata e ad accensione spontanea.
Tale affermazione appare, però apodittica e del tutto priva del necessario conforto scientifico .
La controversa Ordinanza Sindacale, nell’estendere le limitazioni ed i divieti ad una area vastissima, che non si limita al solo centro antico cittadino, non solo risulta gravemente vessatoria per i cittadini, con tutti i connessi disagi ed i danni arrecati, ma soprattutto contribuisce ad aumentare sensibilmente l’inquinamento atmosferico, a causa del concentrarsi di un numero elevatissimo di veicoli in una ristretta area, quella all’esterno del perimetro che circoscrive le limitazioni. Come si evince proprio dalle valutazioni sui rilevamenti delle emissioni di PM10 espresse nella relazione redatta dal Servizio Ambiente ed Ecologia, sulle cui premesse si fonda il provvedimento del Sindaco, le più alte concentrazioni di inquinanti nell’atmosfera sono state rilevate proprio dalle centraline poste all’esterno dell’area in oggetto. L’esempio più eclatante è costituito dai rilevamenti effettuati nella postazione di via Di Blasi, che da anni, ormai, è la zona che risulta più gravemente compromessa dall’inquinamento.
Ma a prescindere dalle superiori considerazioni non vi è nella relazione tecnica allegata alla relazione un sola considerazione scientifica che provi il rapporto causa – effetto tra traffico veicolare e le concentrazioni di pm10.
Semmai vi è la prova dell’esatto contrario.
Nella suddetta relazione, dopo una premessa comparativa sui valori di pm10 registratisi tra il 2005 ed il 2008, si legge infatti che “i valori mostrano un leggero miglioramento nell’ultimo anno per quanto riguarda il numero di superamenti ed una situazione pressochè stabile con riferimento al valore della concentrazione media annuale del pm10, con valori superiori, comunque a 45 microgrammi per metro cubo. Ciò però non corrisponde al sensibile miglioramento del parco veicolare della città di Palermo avvenuto negli ultimi anni.”
Ora, se la stessa Amministrazione è consapevole che al miglioramento del parco veicolare non è corrisposta una diminuizione delle concentrazioni da pm10 non si comprende perchè continui a concentrare le sue attenzioni sul traffico cittadino piuttosto che ricercare altrove le cause di inquinamento da pm10.
In un rapporto del novembre 2008 sulla qualità dell’aria redatto dal comitato di redazione del bollettino dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Palermo (che si produce) si legge nell’ultima pagina “ E’ inutile limitare la circolazione delle autovetture a benzina perchè non producono particolato. E’ trascurabile il contributo nella produzione di particolato delle sole autovetture diesel se confrontato con le rilevantissime quantità prodotte dall’attività del porto, del riscaldamento domestico e dalla vetusta rete del servizio pubblico cittadino”. Infine, lo stesso rapporto evidenzia non solo come la causa principale di superamento dei valori limite di pm10 sia più frequentemente di origine naturale (venti di scirocco e vicinanza col mare) ma mette, inoltre, in dubbio la validità scientifica delle relative misurazioni evidenziando come la posizione di talune centraline “non sia adatta alla misurazione del particolato che richiede la captazione dell’aria non falsata dalla presenza di elementi locali (come le alberature) che determinano, specie nelle giornate di vento, un micro-clima fortemente contaminato da microparticelle vegetali, polveri sottili depositate sulle foglie e spore”.
Il provvedimento adottato appare, inoltre, abnorme nella sua portata se è vero che soltanto una delle dieci centraline (quella di Piazza Giulio Cesare) ha sforato il limite previsto dalla vigente normativa.
E’, allora, davvero incomprensibile per quale motivo l’Amministrazione Comunale non si sia limitata ad adottare un intervento limitativo della circolazione solo nella zona interessata dallo sforamento.( ZONA CHE INVERO NE VIENE SOSTANZIALMENTE ESCLUSA)
Da qui l’assoluta invalidità di un provvedimento che in quanto privo di regolare e valido iter istruttorio, sprovvisto dei presupposti normativi, totalmente disancorato da ogni analisi tecnica e dalla conoscenza specifica della realtà cittadina, del tutto privo di ogni plausibile motivazione che giustifichi le scelte operate arbitrariamente e con grave eccesso di potere, dal Sindaco non essendo state, peraltro, provate le “accertate e motivate” esigenze richieste ai fini dell’applicazione dei provvedimenti di cui all’art. 7 c.d.s.
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VI) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL DM 21 APRILE 1999 N.163; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL DLVO 351/1999 artt. 11, 38, 39; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA DIR.COM 96/62/CE; VIOLAZIONE DELL’ART.97 COST; ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE ED ILLOGICITA’ MANIFESTA , DIFETTO DI COMPETENZA ; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.M. N.60/2002
1.Il DM 163/199 fissa i criteri ambientali e sanitari in base ai quali i sindaci adottano misure di limitazione della circolazione
In particolare secondo l’art.1 il Sindaco dei comuni nei quali sussiste il superamento dei valori limite e delle soglie d’allarme adotta sulla base dei piani e dei programmi di cui agli art. 7 e 8 del D.vo 351/1999 le misure di limitazione della circolazione di cui all’art 7 comma 1 lett a) e b)
Il citato D.Lvo 351 del 4 agosto 1999 di attuazione della direttiva comunitaria 96/62/CE , contiene norma in materia di valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente.
Secondo l’art. 39 del predetto decreto “i sindaci dei comuni appartenenti agli agglomerati ed alle zone di cui agli artt. 7 e 8 del decreto legislativo n° 351/99, in cui sussiste il superamento ovvero il rischi di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme previste dalla vigente normativa, adottano, sulla base dei piani e dei programmi di cui ai medesimi articoli, le misure di limitazione della circolazione di cui all’art. 7 comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo 30 aprlie 1992 n° 285….”.
Più precisamente è competenza delle regioni 1) individuare le zone e gli agglomerati a rischio inquinamento; 2) effettuare la valutazione della qualità dell’aria ambiente, con metodologie e criteri predeterminati normativamente; 3) procedere con l’adozione di piani d’azione contenenti le misure da adottare, nel breve periodo, affinché sia ridotto il rischio di superamento dei valori limite e delle soglie d’allarme.
Sono, dunque, i predetti piani che eventualmente dispongono la sospensione mirata del traffico veicolare laddove sia stato accertato che contribuisca al superamento dei valori limite ( art.7)
Inoltre le regioni approvano piani e programmi resi ostensibili ai cittadini contenenti tutte le informazioni, sia sulla qualità dell’aria ambiente, sia sulle misure che si intendono adottare, ai quali gli enti locali devono adeguarsi e rispetto ai quali devono comunque coordinare la loro azione.
Orbene nella fattispecie non è stata né richiamata né attuata né osservata nessuna delle predette procedure , e nessun rapporto è intercorso tra programmazione statale e regionale e provvedimento sindacale che appare quindi del tutto decontestualizzato , immotivato ed inadeguato rispetto agli obiettivi, ai criteri ed alle modalità indicate dall’UE , sprovvisto e non supportato da una preliminare analisi ambientale in relazione alla quale, logicamente e tecnicamente, proporre delle soluzioni.
In altre parole le soluzioni predisposte dal sindaco non trovano riscontro nelle indagini ambientali, nelle misurazioni e nei controlli effettuati a livello regionale e nazionale, e non rappresentano la risposta agli accertamenti ed alle valutazioni che in quelle sedi dovevano essere preliminarmente effettuati. Non si comprende, quindi, a quali esigenze specifiche ed effettive, a quali specifici rilevamenti tecnico-scentifici l’ordinanza faccia riferimento ed in che modo la stessa possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi indicati nel D.Lv 351/1999.
2. Viene, peraltro, nella fattispecie, violato il principio della trasparenza amministrativa.
L’art. 11 del d.lgs.vo 351/99 prescrive che “Lo stato, le regioni, le province, i comuni, gli altri enti locali garantiscono ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, che informazioni aggiornate sulla qualità dell’aria ambiente relativamente agli inquinanti normati ai sensi dell’art. 4 comma 1 e 2 siano messe regolarmente a disposizione del pubblico nonché degli organismi interessati. Le informazioni, di cui al comma 1, devono essere chiare, comprensibili ed accessibili”.
Senonchè i dati in questione sono diffusi solo su internet (sul sito palermoweb.com) che, di certo, non può considerarsi un mezzo sufficiente ed adeguato per rendere accessibili alla generalità dei cittadini le informazioni prescritte dalla Legge.
Per questi aspetti rileva quindi il difetto del procedimento, la carenza dei presupposti e conseguentemente l’assenza di ogni valida motivazione , l’illogicità del provvedimento e la violazione di legge.
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VII) DIFETTO DI COMPETENZA VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 107, d. lgs. 267 del 2000; VIOLAZIONE DEGLI ART.16 E 97 COST
L’ordinanza sindacale in epigrafe è stata emanata nell’esercizio del potere di cui all’art. 7, comma 1 lett. b) del d. lgs. N. 285 del 1992, secondo cui il sindaco può limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli per accertate ae motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale.
Senonchè la competenza ad adottare i suddetti provvedimenti è stata modificata dall’art. 107, d. lgs. 267 del 2000, secondo cui spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione di atti e provvedimenti, che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamente dalla Legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108 Cost..
Chiara in tal senso la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che “ ai sensi del combinato disposto di cui all’articolo 107 commi 2 e 5 del d.lgs. n. 267/2000 rientra nelle attribuzioni del dirigente e non del sindaco l’adozione del provvedimento che istituendo un divieto di transito su una determinata via cittadina attiene alla disciplina della circolazione stradale a nulla rilevando che l’art.7 d.lg. 285/1992 attribuisse specificatamente al competenza al sindaco (T.A.R. Veneto Sez. I, 21/12/2005 n.4361 e numerose altre).
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L’illegittimità rileva anche sotto altri profili:
Il contemperamento degli interessi tra le opposte esigenze di disincentivare l’afflusso veicolare a determinate zone del territorio di un Comune e la costituzionalmente garantita libertà di circolazione trova il suo punto di equilibrio nella rigorosa applicazione del principio di competenza; principio che comporta non solo la – ovvia -impossibilità che tale disciplina possa avere ad oggetto aree estranee al territorio comunale, ma anche l’illegittimità di qualsiasi disciplina del proprio territorio che incida negativamente sul diritto di spostarsi liberamente ed in particolare di accedere ai territori di altri Comuni.
T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 28 febbraio 2005, n. 1323
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VIII) VIOLAZIONE DELLA’ART.97 COST ; ILLOGICITA’ MANIFESTA E SPROPORZIONE
Il provvedimento appare altresì illogico in quanto unisce due diverse componenti che di fatto impediscono totalmente la libera circolazione, in tutti i giorni e per tutte le categorie ( con la sola illogica eccezione del classi euro 4); infatti nel momento in cui per tutte le categorie si vieta l’accesso o il transito in determinate fasce orarie, salvo poi a consentirlo a targhe alterne, in altre fasce orarie della medesima giornata, si impedisce in toto la circolazione, ( salvo a non invitare il cittadino ad abbandonare, in un qualsiasi punto in cui ci si trovi, allo scattare dell’ora di divieto, la propria auto) senza che questo sistema alternato, riduca significativamente l’inquinamento ( che peraltro deriva per lo più da altre fonti) ed in relazione al quale andrebbero studiati altri correttivi
In altre parole, come recentissime analisi degli effetti dell’ordinanza hanno dimostrato, si registra una sproporzione tra i divieti , i disagi e i limiti alla libertà personale ed i danni all’economia locale e i risultati fino ad oggi conseguiti , sproporzione che determina anche sotto questo profilo, l’illegittimità del provvedimento
SULL’ISTANZA DI SOSPENSIONE
Il fumus boni iuris è stato ampiamente dimostrato
Ma sussiste altresì il danno grave ed irreparabile per i ricorrenti che appartengono, come si desume dai documenti anagrafici prodotti sia alle categorie dei residenti, che dei non residenti, e che adiscono il TARS anche in quanto non sono in possesso di mezzi idonei al transito.
A causa della notoria inefficienza dei mezzi di trasporto collettivo gli stessi si vedono privati della possibilità di muoversi liberamente dalla propria abitazione o raggiungere il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa. Non tutti infatti hanno la possibilità di acquistare, o di acquistarla in tempi brevi, una nuova vettura che risponda ai requisiti prescritti dai provvedimenti impugnati .
Di contra il Comune non ha approntato nessuna delle misure idonee ad assicurare comunque il transito all’interno e l’accesso alla zona vietata al traffico cittadino non essendo stato approvato alcun piano del traffico e di sviluppo e riorganizzazione dei mezzi di trasporto pubblico e non essendo stati creati ed attrezzati per tali finalità mezzi di trasporto collettivo e sostitutivo
Per i ricorrenti quindi non sussiste alcuna possibilità di circolare liberamente .
Ugualmente duplice è il danno , personale e come soggetto economico, per i ricorrenti che svolgono anche attività lavorative all’interno del vasto perimetro; intanto si ridurranno drasticamente i rapporti con i soggetti non residenti o non domiciliati, che, nel caso di impossibilità di accedere e transitare in assenza di mezzi e servizi pubblici adeguati allo scopo, si rivolgeranno ad altre realtà locali.
Gli stessi poi , non avendo capacità economiche tali da poter sostituire tutti i propri e necessari mezzi di trasporto, utilizzati per le attività di impresa, dovranno necessariamente ridurre la propria attività lavorativa .
Proprio sul punto la giurisprudenza ha chiarito che “è illegittima l’ordinanza sindacale che disponga la limitazione di veicoli nel centro storico cittadino per ragioni di prevenzione dell’inquinamento nella parte in cui non prevede un idoneo sistema rivolto a tutelare le esigenze di chi svolga la propria attività lavorativa all’interno di zone a traffico limitato ( C.d.S. sez V 3/5/1995 n.673)
Per questo aspetti rileva altresì l’indubbio danno all’economia locale ed alla città che dall’esecuzione del provvedimento ne deriva e di cui i ricorrenti, sono portatori anche in proprio
Per quanto esposto e con salvezza di motivi aggiunti
VOGLIA L’ON.LE TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
Reiectis adeversis .
Accogliere perché fondato in fatto ed in diritto il presente ricorso ed annullare, previa sospensione, i provvedimenti impugnati con ogni conseguente statuizione
Con salvezza di motivi aggiunti
Con vittoria di spese ed onorari refusi
sI dichiara che il valore della causa è indeterminabile
Per quanto esposto e con salvezza di motivi aggiunti
VOGLIA L’ON.LE TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
Reiectis adeversis .
Accogliere perché fondato in fatto ed in diritto il presente ricorso ed annullare, previa sospensione, i provvedimenti impugnati con ogni conseguente statuizione
Con salvezza di motivi aggiunti
Con vittoria di spese ed onorari refusi
sI dichiara che il valore della causa è indeterminabile
Palermo 19.01.2009