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Inoltre, dovrebbe introdurre all’interno dei calcoli anche l’edilizia abusiva, in quanto sembrerebbe che delle 60.000 istanze di sanatoria, sole poche migliaia sono state valutate ai fini del gettito fiscale. In altri termini, questo provvedimento che aumenta la pressione fiscale, non trova nessuna giustificazione né con riferimento ai costi di Amia – oggi apprendiamo delle spese superflue e degli incarichi di consulenza esterna che l’amministrazione vorrebbe trasformare in costi per i cittadini – né appare conforme ai coefficienti legislativi, ed infine non è rispettoso del principio di gradualità. A mio avviso l’amministrazione dovrebbe azzerare l’intero procedimento e ricondurre ad equità le tariffe, rielaborando le stesse non in funzione dei costi con un procedimento invertito (l’amministrazione prima verifica quanto le serve e poi stabilisce coefficienti, tariffe e percentuali di copertura) ma in funzione della produzione dei rifiuti secondo le diverse categorie, promuovendo la raccolta differenziata ed avviando una contestuale riqualificazione dei servizi>>.
Nadia Spallitta – capogruppo di Un’Altra Storia