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domenica, 22 dicembre 2024
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Nadia Spallitta

Ultimo aggiornamento

Un progetto pilota per la rigenerazione dello ZEN

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 Cesare Capitti – architetto
 
 
 Urbanistica, tutela ambientale ri-generazione urbana.
 (Un progetto pilota per la rigenerazione dello ZEN)
 
Si è tenuto il 2 marzo scorso nella sala congressi del complesso parrocchiale di S. Filippo Neri allo ZEN un convegno fortemente voluto dal parroco, p. Miguel A. Pertini, sul possibile ed auspicato recupero funzionale del quartiere, ben noto
ai cittadini di Palermo per il degrado sociale in cui versa fin dai primi anni ‘70, anno di assegnazione dei primi alloggi. La tipologia edilizia adottata, l’immagine esteriore del costruito e l’assetto urbanistico proposto nell’ambito delle aree interessate alla costruzione dello ZEN possono avere condizionato in modo negativo il processo insediativo e le dinamiche sociali, al punto che il quartiere si caratterizza come esempio di orribile periferia urbana?
       La risposta a questa domanda, comune ad altri noti quartieri periferici di grandi città italiane (Quartiere del Librino a Catania, Quartiere del Corviale a Roma), è affermativa e le ragioni – per quanto esposto dal relatore Ettore Maria Mazzola, architetto, urbanista, docente di Architettura e Urbanistica presso la University of Notre Dame dal 2001 (collabora con la University of Miami dal 2009) – sono da ricercarsi nel lungo processo di scollegamento tra gli elementi che caratterizzano gli spazi urbani ed ambientali e tra le persone a cui essi sono destinati per la fruizione.
       Dal degrado tuttavia è possibile uscire mediante la disponibilità di metodi progettuali da applicare sia alle nuove costruzioni sia ai tessuti urbani degradati, così come è stato dimostrato con l’illustrazione di un progetto per Roma. L’incontro del 2 marzo è stato infatti centrato sull’esperienza maturata da parte di un Gruppo di professionisti che hanno redatto il progetto di rigenerazione urbana del quartiere romano di “Corviale”, per il quale si prevede la sostituzione graduale del manufatto in cemento armato della lunghezza complessiva di ben 1.100 mt con una borgata a misura d’uomo.
       Il prof. Mazzola fa parte del Gruppo Salìngaros, nato per iniziativa spontanea di un gruppo di amici, che riunisce architetti, ingegneri e studiosi intorno al pensiero del noto matematico e urbanista Nikos A. Salìngaros. Essi pongono al centro delle proprie analisi, il concetto della vita umana e promuovono la sostituzione dell’approccio estetico/ideologico all’architettura e all’urbanistica, affinché si torni a costruire e progettare secondo le esigenze psicofisiologiche, sociali, politiche, ecologiche dell’essere umano.
       L’urbanistica tradizionale, quella fondata per capirci sugli standards urbanistici di cui al D.M. 2 aprile 1968, sul dimensionamento della capacità insediativa dei piani regolatori generali, sullo zoning, non possono più da sole reggere e regolamentare lo sviluppo della città e le trasformazioni del territorio, ma occorrono “menti multidisciplinari aperte alla transizione e consapevoli della sfida della complessità. Il Gruppo di lavoro già da alcuni anni intende ripartire dal costruito delle periferie urbane per rigenerare la città e propone un modello che rimetta al centro della civiltà urbana la “vita”, superando i dibattiti di scuola e la stessa impostazione del problema su base estetico/funzionalista. È un approccio scientifico, aperto e verificabile, democratico e partecipativo di fatto. Uno dei principali obiettivi dunque è, rigenerare la periferia urbana per creare città.
       “Le grandi città italiane si sono evolute attraverso i secoli, mediante interventi umani minimi, su piccola scala. Non debbono ripetersi gli errori urbanistici compiuti dal dopoguerra a oggi, che hanno portato alla creazione di orribili e antiumane periferie/dormitorio. Vogliamo ricreare città, non «periferie». I luoghi che producono vita urbana sono caratterizzati da fattori di natura geografica e culturale locali che si adattano alla vita di ogni persona”. Pertanto si oppone a qualsiasi metodo che consideri il territorio una tabula rasa e che non presti attenzione a tutto quanto di significativo in esso esista, sia esso artificiale o naturale. La proposta di metodo indicata dal Gruppo per ottenere una periferia idonea alla vita umana è basata su cinque punti essenziali:
       1) la ricerca scientifica sui processi di sviluppo urbano, ossia sui meccanismi dell’urbanistica;
       2) lo sviluppo delle regole urbanistiche per una città vitale, muovendo dalla scoperta di morfologie e tipologie funzionali accumulate lungo i secoli;
       3) l’utilizzo di soluzioni tradizionali sostenibili, adattate e aggiornate alle esigenze odierne;
       4) il rispetto del principio della progettazione partecipativa, che garantisce il senso di appartenenza e di gradimento da parte dei residenti nei confronti delle case e dell’ambiente urbano;
       5) l’esclusione di ogni tipo di forma basata su un’ideologia che non sia stata vagliata con il criterio dell’adattabilità alle esigenze e ai bisogni umani.
       Per la Sicilia è un tempo favorevole per intervenire in questa direzione, tenuto conto che per legge si prospetta l’obbligo di revisione degli strumenti urbanistici dei comuni siciliani per effetto della enfatizzata procedura di VAS (valutazione ambientale strategica), con risultati che dovranno probabilmente incidere favorevolmente sulla tutela ambientale e agevolare il rilancio economico.
       La Regione Siciliana, in base al proprio Statuto, ha competenza legislativa esclusiva in materia urbanistica ed in materie riguardanti la pianificazione. Pertanto, in relazione a tali potenzialità, una proposta progettuale come quella di “Corviale” presentata al convegno del 2 marzo scorso potrebbe immediatamente attuarsi anche in questa Regione, senza dovere aspettare la riforma complessiva della legislazione urbanistica. Ciò nonostante il parlamento siciliano non ha mai fatto un uso pieno della propria potestà legislativa, emanando una organica disciplina urbanistica regionale che, nel rispetto dei predetti limiti, dettasse una regolamentazione adeguata alle esigenze del proprio territorio e/o ad iniziative concrete di recupero, ed ha piuttosto preferito operare in via d’integrazione le norme contenute nella legge urbanistica fondamentale dello Stato e con proprie leggine cosiddette tampone. Ci si trova dunque di fronte ad una disciplina legislativa composita, il cui nucleo centrale resta comunque costituito dalle norme statali.
       Negli ultimi anni è stato avviato uno studio per la riforma urbanistica, meglio definita come “Riforma del Governo del Territorio”, resa ormai necessaria per una serie di ragioni correlate a procedimenti vetusti inefficaci e complicati che hanno rallentato in modo significativo la formazione dei Piani Regolatori Generali comunali, che sembra non interessare l’attuale legislatura.
       La nuova legislazione urbanistica, dovrà tenere in considerazione mediante l’introduzione di adeguate norme, il valore insostituibile del patrimonio edilizio esistente, incentivando e sostenendo economicamente gli interventi edilizi di riqualificazione e ri-generazione urbana sia nell’ambito dei centri storici che nell’ambito della disumana e desolante bruttezza delle periferie–dormitorio delle piccole, medie e grandi città, per raggiungere una serie di obiettivi. In particolare:
       1) contenere il consumo territoriale;
       2) riqualificare i centri storici con rilancio economico attraverso incentivi per gli interventi urbani mirati al recupero edilizio con il coinvolgimento di piccole e medie imprese;
       3) la partecipazione degli abitanti alla creazione e ri-sistemazione dei centri abitati, dunque il mantenimento degli abitanti nel loro contesto;
       4) restituire con forza alle periferie degradate la vivacità e la forza della vita quotidiana che ha sempre caratterizzato i centri storici italiani ed il raggiungimento di elevati standard di qualità della vita (non standard urbanistici del vecchio D.M.) provenienti da una nuova concezione degli spazi urbani.
       Una nuova legge mirata pertanto a favorire la ristrutturazione urbanistica e a ri–centrare la dimensione innanzitutto umana ed ecologica nell’idea di sviluppo. Perciò è necessario intervenire urgentemente per snellire le procedure di formazione dei piani ed adottare un nuovo quadro normativo soprattutto sui temi della pianificazione urbanistica locale, per fare fronte al degrado inarrestabile che investe la campagna, i centri urbani e i contesti sociali.
CESARE CAPITTI –  architetto, già dirigente del Servizio 4 del Dipartimento di Urbanistica dell’Assessorato Regionale del Territorio e Ambiente, componente del Consiglio Regionale dell’Urbanistica



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