Vincenzo Consolo (Sant’Agata di Militello, 18 febbraio 1933 – Milano, 21 gennaio 2012) scrittore e saggista italiano.
È considerato uno tra i maggiori narratori italiani contemporanei.
Milano, 22 gen. (Adnkronos) – Voce della Sicilia nel ‘continente’, intellettuale sulla linea di Leonardo Sciascia, a cui fu a lungo legato, uno dei maggiori narratori italiani degli ultimi quarant’anni, più volte candidato al Premio Nobel, vincitore di numerosi premi in patria e all’estero, consulente editoriale della Einaudi con Italo Calvino e Natalia Ginzburg: Vincenzo Consolo, dopo una lunga malattia, è morto ieri a Milano all’età di 78 anni.
Nato a Sant’Agata Militello (Messina) il 18 febbraio 1933, Consolo dal 1968 viveva e lavorava a Milano, sua patria di adozione, dove si trasferì dopo aver vinto un concorso alla Rai. Ha pubblicato numerosi saggi e romanzi, ambientati soprattutto nella sua regione di origine, la Sicilia. Ha vinto il Premio Pirandello per il romanzo ”Lunaria” nel 1985, il Premio Grinzane Cavour per ”Retablo” (1988), il Premio Strega con ”Nottetempo, casa per casa” (1992), il Premio Internazionale Unione Latina con ”L”olivo e l’olivastro” (1994), il Premio Brancati con ”Lo spasimo di Palermo” (1999), il Premio Flaiano (1999) e il Premio Feronia con ”Di qua dal faro” (2000).
I suoi libri sono stati tradotti in francese, tedesco, inglese, spagnolo, portoghese, olandese, rumeno. Consolo esordì nel 1963 con “La ferita dell’aprile” (Mondadori), ma si è pienamente rivelato al grande pubblico con “Il sorriso dell’ignoto marinaio” (Einaudi 1976), in cui si unisce il gusto per l’ambientazione storica con la sua lingua dall’eccezionale fantasia e resa lirica.
La chiave dello sguardo che lo scrittore ha sul mondo sta nel sorriso del marinaio, descrizione di un quadro di Antonello da Messina. L’anno dopo il successo del libro, nel 1977 divenne consulente editoriale della casa editrice torinese dello Struzzo per la narrativa italiana. La sua scrittura ha unito la passione civile a una colta ricerca linguistica.
Nel 2002 con Umberto Eco, Antonio Tabucchi e Andrea Camilleri si rifiutò di far parte della delegazione italiana al Salone del Libro di Parigi, dove l’Italia era ospite d’onore, ”perché il governo Berlusconi non ha nulla a che vedere con la cultura”.
Per oltre dieci anni Consolo ha presieduto il Premio Racalmare-Leonardo Sciascia, che aveva fondato nel 1982.
Dopo le scuole superiori nel Messinese, Vincenzo Consolo si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano, ma si laureò con una tesi in filosofia del diritto all’Università di Messina, dopo aver assolto il servizio militare; quindi iniziò a dedicarsi all’insegnamento nelle scuole agrarie. Nel 1963 il suo primo romanzo, ”La ferita dell’aprile”, squarcio sulla vita di un paese siciliano movimentato dalle lotte politiche dei primi anni del dopoguerra. I suoi riferimenti umani e letterari, in quella stagione, furono lo scrittore Leonardo Sciascia e il poeta Lucio Piccolo.
Nel 1968, avendo vinto un concorso alla Rai, si trasferì a Milano, dove ha vissuto e lavorato fino alla sua morte, svolgendo un’intensa attività giornalistica, con lunghi soggiorni nel paese d’origine e negli anni più recenti con frequenti trasferte a Parigi. La vera rivelazione arrivò nel 1976, con ”Il sorriso dell’ignoto marinaio”, singolare ricostruzione di alcuni eventi svoltisi nel nord della Sicilia al passaggio dal regime borbonico a quello unitario e culminati nella sanguinosa rivolta contadina di Alcara Li Fusi nel maggio 1860.
Tra i sui libri si ricordano ”Lunaria” (Einaudi 1985 – Mondadori 1996), ”Retablo” (Sellerio 1987 – Mondadori 1992), ”Le pietre di Pantalica” (Mondadori 1988), ”Nottetempo, casa per casa” (Mondadori 1992), ”Nerò metalicò” (Il Melangolo 1994), ”Fuga dall’Etna” (Donzelli 1993), ”L’olivo e l’olivastro” (Mondadori 1994), ”Lo spasimo di Palermo” (Mondadori 1998). Tra i saggi: ”’Nfernu veru (La letteratura dello Zolfo)” (Edizioni del Lavoro 1985), ”La pesca del tonno in Sicilia” (Sellerio 1986), ”Il barocco in Sicilia” (Bompiani 1991), ”Vedute dello stretto di Messina” (Sellerio 1993).
La narrativa di Vincenzo Consolo presenta un originale rapporto tra memoria storica e ricerca linguistica. E’ stato infatti attento alle più varie possibilità di linguaggio, e questo lo ha condotto a una appassionata interrogazione del passato.
La ricerca di questa memoria storica riguarda il mondo della Sicilia, il suo passato e il suo presente, la sua bellezza affascinante e il suo disfacimento, i suoi odori forti, la sua natura seducente, portano questa contraddizione all’estremo, le danno una singolare capacita’ conoscitiva.
La caratteristica fondamentale della lingua di Consolo è la tensione verso l’affermazione di una propria identità, riconoscibile quasi in ogni frase. Lo scrittore vuole creare una distanza fra la sua lingua e la povertà d’espressione della lingua di uso corrente.
I suoi libri sono stati tradotti in francese, tedesco, inglese, spagnolo, portoghese, olandese, rumeno. Consolo esordì nel 1963 con “La ferita dell’aprile” (Mondadori), ma si è pienamente rivelato al grande pubblico con “Il sorriso dell’ignoto marinaio” (Einaudi 1976), in cui si unisce il gusto per l’ambientazione storica con la sua lingua dall’eccezionale fantasia e resa lirica.
La chiave dello sguardo che lo scrittore ha sul mondo sta nel sorriso del marinaio, descrizione di un quadro di Antonello da Messina. L’anno dopo il successo del libro, nel 1977 divenne consulente editoriale della casa editrice torinese dello Struzzo per la narrativa italiana. La sua scrittura ha unito la passione civile a una colta ricerca linguistica.
Nel 2002 con Umberto Eco, Antonio Tabucchi e Andrea Camilleri si rifiutò di far parte della delegazione italiana al Salone del Libro di Parigi, dove l’Italia era ospite d’onore, ”perché il governo Berlusconi non ha nulla a che vedere con la cultura”.
Per oltre dieci anni Consolo ha presieduto il Premio Racalmare-Leonardo Sciascia, che aveva fondato nel 1982.
Dopo le scuole superiori nel Messinese, Vincenzo Consolo si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano, ma si laureò con una tesi in filosofia del diritto all’Università di Messina, dopo aver assolto il servizio militare; quindi iniziò a dedicarsi all’insegnamento nelle scuole agrarie. Nel 1963 il suo primo romanzo, ”La ferita dell’aprile”, squarcio sulla vita di un paese siciliano movimentato dalle lotte politiche dei primi anni del dopoguerra. I suoi riferimenti umani e letterari, in quella stagione, furono lo scrittore Leonardo Sciascia e il poeta Lucio Piccolo.
Nel 1968, avendo vinto un concorso alla Rai, si trasferì a Milano, dove ha vissuto e lavorato fino alla sua morte, svolgendo un’intensa attività giornalistica, con lunghi soggiorni nel paese d’origine e negli anni più recenti con frequenti trasferte a Parigi. La vera rivelazione arrivò nel 1976, con ”Il sorriso dell’ignoto marinaio”, singolare ricostruzione di alcuni eventi svoltisi nel nord della Sicilia al passaggio dal regime borbonico a quello unitario e culminati nella sanguinosa rivolta contadina di Alcara Li Fusi nel maggio 1860.
Tra i sui libri si ricordano ”Lunaria” (Einaudi 1985 – Mondadori 1996), ”Retablo” (Sellerio 1987 – Mondadori 1992), ”Le pietre di Pantalica” (Mondadori 1988), ”Nottetempo, casa per casa” (Mondadori 1992), ”Nerò metalicò” (Il Melangolo 1994), ”Fuga dall’Etna” (Donzelli 1993), ”L’olivo e l’olivastro” (Mondadori 1994), ”Lo spasimo di Palermo” (Mondadori 1998). Tra i saggi: ”’Nfernu veru (La letteratura dello Zolfo)” (Edizioni del Lavoro 1985), ”La pesca del tonno in Sicilia” (Sellerio 1986), ”Il barocco in Sicilia” (Bompiani 1991), ”Vedute dello stretto di Messina” (Sellerio 1993).
La narrativa di Vincenzo Consolo presenta un originale rapporto tra memoria storica e ricerca linguistica. E’ stato infatti attento alle più varie possibilità di linguaggio, e questo lo ha condotto a una appassionata interrogazione del passato.
La ricerca di questa memoria storica riguarda il mondo della Sicilia, il suo passato e il suo presente, la sua bellezza affascinante e il suo disfacimento, i suoi odori forti, la sua natura seducente, portano questa contraddizione all’estremo, le danno una singolare capacita’ conoscitiva.
La caratteristica fondamentale della lingua di Consolo è la tensione verso l’affermazione di una propria identità, riconoscibile quasi in ogni frase. Lo scrittore vuole creare una distanza fra la sua lingua e la povertà d’espressione della lingua di uso corrente.
Fonte ADNKRONOS