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domenica, 22 dicembre 2024
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Nadia Spallitta

Ultimo aggiornamento

Vincenzo Militello

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Prof. Vincenzo Militello – docente di diritto penale

 
Assegnisti di ricerca all’Ateneo di  Palermo: nel limbo per tre mesi?

La notizia è di quelle che sfuggono facilmente: viene dal mondo dell’Università e per di più riguarda un gruppo relativamente ristretto di giovani ricercatori precari (circa ottanta). Si tratta di c.d. assegnisti di ricerca, vale a dire giovani già qualificati da un dottorato post-laurea, i quali instaurano un rapporto con l’Ateneo per compiere studi specifici in vista, per lo più, di futuri concorsi universitari. La durata ordinaria di questi rapporti è biennale, rinnovabile però per ulteriori due anni, ove le esigenze della ricerca lo richiedano.
Ebbene, gli assegnisti dell’Ateneo Palermitano il cui primo biennio di ricerca scade nell’anno in corso, ancorché valutati meritevoli di continuare nelle ricerche intraprese, si vedono costretti ad una cesura in tale percorso, in quanto l’inizio dell’ulteriore biennio di ricerca è rinviato a data non ancora definita (parrebbe fra settembre e novembre 2009). Ora a parte le conseguenze concretissime sulla vita reale dei diretti interessati – i quali devono trovare come vivere in questi mesi lasciati “in bianco” dall’Ateneo – la vicenda non si limita ad una sorta di corto circuito che ha fatto saltare la normale cinghia di trasmissione nel reclutamento della classe docente del nostro Ateneo.
      In un quadro complessivo del sistema universitario italiano notoriamente in stallo per il contrasto fra ambiziose aspirazioni riformatrici e insopportabili incertezze di realizzazione (valutazione della ricerca e reclutamento universitario bloccati da anni), l’Ateneo palermitano vive da mesi una crisi radicale per una situazione economico-patrimoniale delicatissima. Dopo una gestione decennale, nella quale il problema delle compatibilità di bilancio non sembrava all’ordine del giorno, quasi all’improvviso ci si è trovati di fronte ad un buco nel bilancio 2008, ancora in fase di accertamento, ma la cui profondità sembra abbia fatto “girare la testa” al direttore amministrativo, che si è dimesso a pochi mesi dalla nomina. Al di là del coraggio con cui il Rettore Lagalla sta fronteggiando la situazione, non stancandosi  di “metterci la faccia” confrontandosi in tutte le sedi istituzionali interne, spiegando i punti di maggiore difficoltà e stimolando a raccogliere le energie per andare avanti, rimane una sensazione di disagio per chi vive ed opera nell’Ateneo. Nel fervore dell’iniziative in cantiere, non sembra infatti profilarsi una opera coraggiosa di individuazione delle responsabilità, e non certo volta a trovare capri espiatori di una situazione che non sarebbe così grave se non fosse davvero estesa. Piuttosto, interessa comprendere dove si è sbagliato per correggere il tiro e recuperare il terreno perduto. Per di più in mancanza di una tale revisione, gli appelli a valori in sé forti, come merito ed internazionalizzazione, rischiano di cadere nel vuoto: la responsabilità è infatti solo l’altro versante del merito e l’internazionalizzazione senza risorse (recuperate da un opera di risanamento strutturale) rischia di svuotarsi e ridursi a slogan.
      In proposito, due atteggiamenti sono astrattamente possibili, a seconda che ci si rivolga ai procedimenti e ad indici quantitativi, o piuttosto ai risultati ad a selezioni qualitative. Nel primo caso, si incrementano i controlli formali a tappeto, per creare filtri ulteriori ai processi decisionali nella speranza di scoraggiare i comportamenti “non virtuosi”, oppure si assumono indici numerici comuni per individuare soglie di efficienza delle strutture; nell’altro, si punta ad una opera selettiva e qualitativamente orientata per valutare i risultati.  Sul presupposto che controlli e soglie minime sono da tempo presenti e restano comunque necessari in tutte le Università, la vera novità per l’Ateneo palermitano dovrebbe essere l’inserimento di forme di controllo della qualità delle attività di ricerca compiute dai singoli e dai gruppi. Penso, fra l’altro, alla sostituzione dell’attuale metodo di valutazione quantitativa di tutti risultati delle ricerche prodotte, ad un sistema che affidi ad alcuni esperti esterni ed anonimi il giudizio qualitative sui lavori principali del singolo ricercatore, facendo poi discendere da queste valutazioni concreti incentivi per lo sviluppo di ulteriori studi e ricerche.
      Forse i nostri assegnisti che si apprestano a passare una caldissima estate non ne riceverebbero un refrigerio immediato, ma tutti avrebbero la sensazione di uno sforzo serio per elevare il profilo del nostro Ateneo, che potrebbe stimolare altri comportamenti virtuosi di rilancio delle sue attività nel confronto nazionale ed internazionale.
 
 
 
 
 
 
 
Vincenzo Militello è professore ordinario di diritto penale comparato e diritto penale internazionale nell’Università di Palermo (Facoltà di Giurisprudenza). E’ Componente del Consiglio Direttivo del Gruppo Italiano dell’Association International de Droit Pènal: dal 2008 e Componente  dell’editorial board dell’European Journal of Crime, Criminal law and Criminal Justice: dal 2002. Afferisce al Dipartimento di Scienze Penalistiche e Criminologiche, di cui è direttore dal 1 novembre 2006. Tra i numerosi premi e riconoscimenti ricevuti per l’attività scientifica, menzioniamo, solo per citarne alcuni, il Premio internazionale “Falcone Borsellino” 2002 dell’Istituto Giuridico di ricerca comparata (Massa Carrara) per l’opera “Il crimine organizzato come fenomeno transnazionale” Freiburg-Milano, 2000  e  il  Premio “P. PASTORE" dell’omonima Fondazione (Salerno) per l’anno 1987/88 per l’opera “La responsabilità penale dello spacciatore per la morte del tossicodipendente”, Milano, 1984. Tra le tante pubblicazioni e i libri, ricordiamo “Rischio e responsabilità penale”, Milano, Giuffrè, 1988 – “La responsabilità penale dello spacciatore per la morte del tossicodipendente”, Milano, Giuffrè, 1984  e “Prevenzione generale e commisurazione della pena”, Milano, Giuffrè, 1982




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